Un passetto sulle intercettazioni

Redazione

Il decreto del governo va nel verso giusto, ma non basta a fermare il tritacarne

Il governo ha approvato il decreto legislativo sulle intercettazioni nell’ultimo giorno utile prima della scadenza della delega. Così ha deluso i settori più arroganti della magistratura organizzata che puntavano a far scomparire il tema dall’agenda politica. D’altra parte il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non ha smentito la sua fama di prudenza. Il decreto introduce modifiche millimetriche, destinate a evitare gli abusi più evidenti nella propalazione delle intercettazioni, in particolare quelli che riguardano persone non indagate ed estranee al reato per il quale le intercettazioni sono state autorizzate. Più che un primo passo è poco più di un passettino, ma nella direzione giusta. Un po’ più decisa è la misura sui trojan, cioè sull’utilizzo di dispositivi che si inseriscono segretamente sulle comunicazioni informatiche e permettono anche la registrazione di conversazioni. Questi mezzi, particolarmente invasivi, possono essere usati solo nelle inchieste per reati di criminalità organizzata e di terrorismo, salvo casi eccezionali.

 

IL TESTO DELLO SCHEMA DEL DECRETO E LA RELAZIONE INTRODUTTIVA

Anche l’indicazione più precisa delle responsabilità del magistrato inquirente sulla determinazione delle intercettazioni può servire a evitare che lo zelo di qualche funzionario di polizia, più o meno eterodiretto, possa originare propalazioni indebite di intercettazioni, permettendo al procuratore di dichiararsene estraneo, come ha tentato di fare l’ineffabile Henry John Woodcok il quale si è definito “ingannato” dall’agente Giampaolo Scarfato nelle vicenda Consip.

  

E’ quasi inutile ripetere che, in questa materia, sarebbero serviti interventi più consistenti, una limitazione dell’uso di uno strumento che interferisce nella libertà di comunicazione delle persone anche solo in base a generici sospetti non suffragati da consistenti indizi di reato. Inoltre la possibilità di propalazione indebita delle intercettazioni viene appena scalfita, mentre avrebbe dovuto essere più severamente impedita. Però, almeno, con le nuove norme, è più chiara l’individuazione di chi detiene le informazioni sensibili e quindi potrebbe essere chiamato a rispondere della ora dilagante e sempre impunita violazione del segreto. Per la verità bisogna tener conto che nel legiferare in questa materia il Guardasigilli ha anche dovuto tener conto dei diritti della difesa, che deve essere messa in grado di conoscere tutti gli elementi sui quali si basa l’accusa per chiedere, ad esempio, provvedimenti cautelari. Se non si interviene sul diritto di intercettazione ma solo sull’abuso delle propalazioni, ovviamente si dà lo stesso il via a una massa di intercettazioni, anche non rilevanti e non connesse al reato, che è comunque parte della procedura e che quindi deve essere messa a disposizione delle difese. Se non si affronta alla radice la questione, si entra in una specie di gioco di specchi inestricabile, perché se le intercettazioni, anche improprie, esistono, non possono restare a disposizione soltanto dell’accusa. Con tutti i suoi vistosi limiti, comunque, il decreto legislativo emanato dimostra che in materia di giustizia e di procedura penale si può legiferare anche senza il consenso preventivo della magistratura organizzata, che contro questa legge aveva alzato le barricate. Da questo punto di vista, più di metodo che di merito, si può dire che si è riaffermato il principio della potestà legislativa in capo agli organismi istituzionali elettivi, che la propaganda giustizialista tende da sempre a mettere in scacco.

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