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El matador Trentin. Per l'italiano successo nella 4a tappa della Vuelta

Giovanni Battistuzzi

Il trentino conquista lo sprint di Tarragona con una grande volata. Perché se Matteo vince è cosa eccellente

La strada che porta all'arrivo di Tarragona è una Plaza de Toros, un susseguirsi di insidie che sono curve che sono rotonde che sono ancora curve e tutte a cinquanta all'ora e di più, attorniate da persone, molte persone in festa. Il toro da matare, per fortuna, è però soltanto d'asfalto e si alza e si leva quando la stanchezza è ormai al limite. Sale ma leggero. Sale e impone accelerazione, velocità, ardimento. Sale e ci vogliono grinta e spunto, resistenza e volontà: ci vuole insomma uno come Matteo Trentin. Sotto lo striscione d'arrivo è lui primo, abbastanza solo da risedersi sulla sella, guardare la faccia di Lobato che sulla destra era partito per vincere ed era finito a guardar la schiena dell'italiano.

Matteo Trentin che vince è cosa eccellente. E non solo per il grande sprint che oggi ha concesso agli spettatori di Tarragona. Matteo Trentin che vince è cosa eccellente perché Matteo Trentin è uno di quei corridori che di solito trovi davanti sempre e sempre a spezzare il vento ai capitani. Gregario, ma di generosità non di mancanza. Perché il corridore della Quick Step non è uno che può tirare e basta perché a staccare gli altri non sarebbe in grado. Lo fa per quel senso di ciclismo che ogni tanto sembra scomparire, quello fatto di grandi atleti e grandi uomini che sanno di non poter essere i più forti e per questo si concedono al bene della squadra. Il corridore di Borgo Valsugana è uno di quelli che più che gambe e fiato sono buoni e la testa è meglio. E la testa dice di lavorare e lavorare che prima o poi l'occasione arriva.

 

E l'occasione è arrivata a questa Vuelta. A casa Fernando Gaviria e Marcel Kittel, ossia i velocisti della squadra, ecco lo spazio buono per provare a mettere il naso avanti nelle volate. E così domenica davanti a provar la vittoria prima di accorgersi che all'insicurezza dello sprint era meglio la furbizia di un buco, di lasciar cioè lo spazio al suo compagno di squadra Lampaert di prendere quei metri di vantaggio buoni per vincere. Lui secondo e a braccia alzate per festeggiar ancora una volta una vittoria altrui. Generoso e furbo sì, ma mica ingenuo. E allora ecco Tarragona, la strada che sale leggermente e la volta buona: sprint secco, deciso, impetuoso. Gli altri dietro a vederli il numero. Lui davanti per una volta con la strada sgombra. Come al Giro d'Italia di un anno fa, a Pinerolo. Ma quello fu un coup de théâtre e mal si sposa con il suolo di Spagna.

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