Alessandro D'Avenia. Foto tratta da Facebook

Alle struggenti storie d'amore di D'Avenia ne manca una

Davide D'Alessandro

Se ogni storia è una storia d'amore, come recita il titolo dell'ultimo libro del  professore-scrittore, alle sue trentasei coppie andrebbe aggiunta Dorine con André Gorz

Ho divorato in un giorno Ogni storia è una storia d’amore, l’ultimo, appassionante libro di Alessandro D’Avenia. È un libro che apre ad altri libri, è una ricerca che apre ad altre ricerche, è un gomitolo rosso da cui parte un filo e non sai quanti altri fili incontrerà sopra e sotto la tela, come mostra la splendida copertina. Le tre pagine su Veza, la moglie di Elias Canetti, mi hanno imposto di iniziare da 120 e tornare piacevolmente indietro per assaporare ogni nome, ogni donna, ogni storia, ogni frammento d’amore. Trentasei storie, ma invano ho cercato il nome che bramavo trovare: Dorine. Ci sono  Fanny e Zelda, Elizabeth e Milena,  Amalia e Galatea, Olga e Constance, Regine e Pilar, Katherine e Carol, ma non c’è Dorine. Perché, Alessandro, non c’è Dorine?

 

Se Gesualdo Bufalino, con un aforisma, riesce a farci sorridere definendo il suicida una persona soltanto impaziente, se Vittorio Alfieri ritiene che spesso è da forte, più che il morire, il vivere, Emil Cioran pensa che la vita altro non sia che un atto di non suicidio. Ma dove posso collocare il suicidio di André Gorz, il filosofo ebreo-austriaco che ha scelto la morte insieme a quella della compagna Dorine, gravemente malata? Ci sono caratteri, affinità, intese, sguardi, visioni del mondo che insieme nascono, insieme stanno, insieme muoiono (insieme rinascono?). André e Dorine erano queste due anime. Scrive Gorz: "Avevamo gli stessi valori, voglio dire una stessa concezione di ciò che dà un senso alla vita o minaccia di toglierglielo".

 

Sessant’anni di due vite in un’unica vita, di due respiri in un unico respiro. E lui che aggiunge: "Hai appena compiuto ottantadue anni. Sei sempre bella, elegante e desiderabile". Dorine malata terminale, André deciso a morire con lei: "Non voglio assistere alla tua cremazione; non voglio ricevere un vaso con le tue ceneri (…). Ci siamo spesso detti che se, per assurdo, avessimo una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme".

 

Quante volte a me, come a tanti di voi, è stato ripetuto: "Non è giusto porre fine arbitrariamente alla vita che ci è stata donata". E abbiamo condiviso. Però, di fronte ad André e Dorine, non saprei… Ma è un non saprei che sa di sgomento. Di più, di rispetto. Di più, di ammirazione. Di più, di amore. Di una parola che troppo spesso coniughiamo senza conoscerne il significato. Di più, senza averla mai percepita. Di più, senza averla mai praticata. Di più, senza averla mai amata. Se amassimo l’amore, capiremmo anche André e Dorine. La loro estrema storia d’amore. E la inseriremmo nell’ultimo, appassionante libro di D’Avenia. Perché, per dirla con Zelda Fitzgerald, l’amore è crudele ma è la sola cosa che c’è.