Per la prima volta un generale israeliano dà un'intervista ai sauditi: “Serve un piano comune contro l'Iran”

Daniele Raineri

Il capo dei generali israeliani dice ai sauditi che Hezbollah è più debole di quel che pensiamo

Roma. Ieri il sito saudita Elaph ha intervistato il capo di stato maggiore israeliano Gadi Eisenkot e si tratta di una prima volta storica perché tra i due paesi, com’è noto, non ci sono relazioni diplomatiche. Elaph non è un sito legato direttamente alla casa reale, è indipendente – tanto da avere la sede centrale a Londra e non a Riad – ma si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’allineamento di fatto tra Israele e Arabia Saudita nel medio oriente post Stato islamico, dove l’Iran è diventato una superpotenza regionale che preoccupa molti vicini. E difatti Eisenkot parte dall’Iran, “la minaccia vera e più grave per la regione” e dice che gli israeliani sono pronti a scambiare informazioni con i sauditi per bloccare Teheran, che vuole “prendere il controllo del medio oriente e creare una mezzaluna sciita dal Libano all’Iran e dal Golfo persico al mar Rosso. Dobbiamo impedire che accada”. Eisenkot dice che Israele non ha alcuna intenzione di attaccare Hezbollah in Libano, “gli iraniani tentano di far partire un’escalation ma non vedo grandi chance al momento. Non tollereremo però una minaccia strategica contro Israele”. Continua con una dichiarazione che qualche anno fa avrebbe avuto un sapore fantascientifico: “Un grande piano strategico generale dev’essere preparato per fermare il pericolo iraniano, e noi siamo pronti a scambiare la nostra esperienza con gli stati arabi moderati e a scambiare informazioni d’intelligence per fronteggiare l’Iran”.

 

L’intervista di Eisenkot (nel suo ufficio di Tel Aviv, concessa a un giornalista arabo ma con passaporto israeliano) è anche una risposta al leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che in un discorso tv ha detto che i sauditi stanno pagando gli israeliani per far la guerra in Libano. Ma, avverte il generale, da piccoli focolai si potrebbe arrivare a un conflitto strategico esteso. Qui è necessario un minimo di interpretazione.

 

Il piccolo focolaio più attivo in questo momento è la regione della Siria meridionale, e in generale tutta la Siria, a causa della presenza massiccia del gruppo Hezbollah e di militari iraniani. Israele continua a lanciare raid aerei – in media uno ogni diciassette giorni – contro bersagli molto specifici in Siria, per esempio convogli che trasportano armi sofisticate e missili, ma la sensazione è che più la guerra civile si affievolisce più la situazione potrebbe peggiorare. Quando il capo di stato maggiore accenna a un “conflitto strategico esteso”, allude a una guerra esistenziale in cui gli avversari vogliono azzerarsi a vicenda per sempre e da cui il medio oriente uscirebbe cambiato in modo definitivo. Come spesso succede, il militare è stato più diplomatico dei politici: due giorni fa il ministro della Difesa, Avigdor Lieberman, durante una visita improvvisa e simbolica al confine nord, quello con la Siria, ha detto che: “Non permetteremo che la Siria diventi una base operativa dell’Iran e degli sciiti contro lo stato di Israele. Chi non l’ha ancora capito, è bene che lo capisca”.

 

Eisenkot specifica le richieste di sicurezza di Israele, che suonano piuttosto improbabili: “La nostra domanda è che Hezbollah lasci la Siria e che anche le milizie iraniane si ritirino. Lo abbiamo detto apertamente, ma anche segretamente (si riferisce a incontri confidenziali con altri governi) che non accetteremo in generale un consolidamento degli iraniani in Siria e in particolare il loro consolidamento a ovest della strada tra Damasco e Sweida”, a circa cinquanta chilometri dalla linea di demarcazione sulle alture del Golan che separa Israele dalla Siria. “Non permetteremo nessuna presenza iraniana, li abbiamo messi in guardia sulla costruzione di basi militari o fabbriche militari, non lo permetteremo”.

 

A proposito di Hezbollah, nell’intervista c’è una risposta molto controcorrente. Il gruppo libanese è visto come il trionfatore della guerra civile in Siria, ma per il capo di stato maggiore israeliano “comincia a sentire la pressione finanziaria. Stanno avendo problemi molto seri con i rifornimenti. E abbiamo visto un calo del sostegno per Hezbollah e ci sono anche spaccature nella gente che appoggia il gruppo, e anche proteste a Dahye (l’area meridionale di Beirut che fa da loro quartier generale). Non avevamo mai visto cose di questo tipo in passato”. 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)