Niall Ferguson

"Gli islamisti potrebbero metterci sotto scacco come fecero i bolscevichi"

Giulio Meotti

Lo storico Niall Ferguson traccia un parallelo fra il 1917 e il 2017. Sono passati cento anni, ma le somiglianze sono tante 

Roma. “Abbiamo imparato qualcosa dagli errori?”. A domandarselo è lo storico di Harvard e Stanford, Niall Ferguson, in un articolo sul Times, in occasione del centenario della Rivoluzione comunista del 1917, da una prospettiva unica in queste settimane di commemorazioni. “I bolscevichi avrebbero potuto certamente essere fermati. Dopotutto, l’unico motivo per cui Lenin fu in grado di arrivare da Zurigo a Pietrogrado era che il governo imperiale tedesco gli pagò il biglietto. Si stima che dodici milioni di dollari siano stati inviati dalle casse del Kaiser a Lenin e ai suoi associati. Equivalevano a circa 250 milioni di oggi. Il problema era dato dal fatto che la gente sottovalutava Lenin & co. Sembravano un gruppo di intellettuali indisciplinati, scrittori di opuscoli e autori di discorsi. Nessun osservatore occidentale contemporaneo ha pensato per un momento che il loro colpo di stato sarebbe durato”.

  

Ferguson ricorda i “compagni di viaggio”. “Il coraggioso commento di George Bernard Shaw sui processi degli anni Trenta ha perfettamente incapsulato quella deformazione intellettuale. E poi le molte spie a Cambridge che hanno vergognosamente tradito il proprio paese. E quanti intellettuali tra il 1917 e il 1989 hanno chiuso un occhio sui crimini del comunismo? Perché i crimini di Hitler erano in qualche modo peggiori. Perché l’industrializzazione della Russia non poteva essere raggiunta in nessun altro modo. Perché si doveva rompere qualche uovo per fare una frittata e tutto il resto. Anche a coloro che si consideravano anti comunisti mancava spesso lo stomaco per la lotta. Più volte durante la Guerra fredda, eminenti americani – in particolare i prodotti delle università della Ivy League – cedettero al relativismo. Forse la competizione tra le superpotenze era davvero colpa degli Stati Uniti? Forse gli Stati Uniti avrebbero dovuto ritirare le proprie forze dalle zone grigie contestate – dall’Asia sud-orientale, dall’America centrale e meridionale, dall’Africa subsahariana?”.

   

Abbiamo imparato qualcosa da quel 1917? “Non abbastanza, direi. Non mi preoccupano solo i millennial con la maglietta di Che Guevara o la rinascita degli ‘Antifa’ americani. O il potere crescente di una Cina ancora governata dai comunisti. O i missili nucleari della Corea del nord. No, quello che mi preoccupa oggi è la risposta del tutto familiare che vediamo a una minaccia diversa ma, a mio avviso, ugualmente pericolosa. Chiedetevi quanto efficacemente noi occidentali abbiamo risposto all’ascesa dell’islam militante da quando la rivoluzione iraniana ha scatenato la sua variante sciita e dall’11 settembre ha rivelato il suo carattere ancora più aggressivo l’islamismo sunnita”.

   

Le somiglianze con il 1917 sono tante. Intervento straniero: “I milioni di dollari che hanno trovato la loro strada dal Golfo alle moschee radicali e ai centri islamici in occidente. I liberal incompetenti, i fautori del multiculturalismo che etichettano ogni oppositore del jihad come ‘islamofobo’. I banchieri senza scrupoli che offrono prestiti e obbligazioni ‘conformi alla sharia’. I compagni di viaggio, le persone di sinistra che si schierano con i Fratelli musulmani per castigare Israele in ogni occasione. E i teneri di cuore, quelli che sono stati così pronti a ritirarsi dall’Iraq nel 2009 che hanno permesso che la groppa di al Qaida si trasformasse nell’Isis. Temo che non abbiamo fatto niente di meglio dei nostri nonni”.

  

Conclude allora Ferguson: “Per quanto possa sembrare incredibile, credo che siamo in grado di ripetere quell’errore catastrofico. Temo che, un giorno, ci sveglieremo di soprassalto per scoprire che gli islamisti hanno ripetuto la conquista bolscevica e che hanno acquisito le risorse e le capacità per minacciare la nostra esistenza”.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.