Jeff Sessions (foto LaPresse)

Sessions nega la nomina dell'anti Mueller gradito a Trump. Uno scoop fragile

Il Washington Post scrive che il procuratore generale sta valutando uno special counsel per indagare su una presunta vendita di uranio alla Russia quando Hillary era segretario di stato. Ma l'ipotesi non regge

New York. Da mesi Donald Trump chiede che il dipartimento di Giustizia e l’Fbi aprano inchieste su Hillary Clinton, sul Partito democratico e su altri funzionari della sinistra intorno al presunto scandalo della vendita di uranio alla Russia quando Hillary era segretario di stato e ad altri episodi che alimentano il complottismo della destra trumpiana. All’inizio di novembre ha twittato: “Tutti si domandano perché il dipartimento di Giustizia (e l’Fbi) non sta guardando tutte le disonestà commesse da Crooked Hillary e dai democratici”, e già prima si era detto “molto scoraggiato” dall’atteggiamento rinunciatario del procuratore generale, Jeff Sessions, e aveva chiesto la nomina di un procuratore speciale ad hoc. Contrattaccare e scaricare le colpe sulla mollezza degli apparati di giustizia è un tassello della strategia della distrazione dall’inchiesta di Robert Mueller sui rapporti con la Russia e dagli altri pericoli nell’orbita trumpiana, l’ultimo dei quali è la corrispondenza sospetta fra il figlio primogenito Don Jr. e Wikileaks durante la campagna. Ieri il Washington Post ha lanciato però l’ipotesi che la linea sbandierata da Trump possa presto trasformarsi in un’inchiesta giudiziaria, e con grande enfasi ha pubblicato un articolo intitolato “Sessions sta valutando un secondo procuratore speciale per indagare sulle preoccupazioni dei repubblicani”. E’ stato lo stesso Sessions, che ieri ha testimoniato al Senato, a smentire la notizia, dicendo che “non ci sono le basi per nominare uno special counsel”, ma ormai la versione del procuratore generale che nomina una specie di anti Mueller per assecondare il presidente era in circolo. Addentrandosi però nel racconto del Post, ripreso e approfondito dagli altri media, si scopre che l’ipotesi è molto più fragile di come appare. La tesi di un Sessions al lavoro per la nomina di un procuratore speciale si basa su una lettera del 13 novembre firmata da Stephen Boyd, assistente del procuratore generale, in risposta al capo della commissione giudiziaria del Senato, il repubblicano Robert Goodlatte.

 

Nella risposta a Goodlatte, Boyd scrive che il procuratore generale “ha dato indicazione a diversi procuratori federali di valutare alcune questioni sollevate nella sua lettera” e che questi suggeriranno al procuratore generale e al suo vice “se un’indagine deve essere aperta, se alcuni casi al momento sotto indagine richiedono più risorse o se qualcuna di queste vicende meritano la nomina di uno special counsel”. Questo passaggio, puramente ipotetico, ha fatto salivare i critici di Trump che attendono con ansia un errore nixoniano del presidente, un eccesso che faccia crollare il suo fragile castello difensivo prima ancora che ci pensi Mueller, il quale procede senza sosta nella sua meticolosa indagine. La nomina di un secondo procuratore speciale per qualcuno sarebbe la prova schiacciante della politicizzazione degli apparati di giustizia, e il Washington Post esplicita il ragionamento: “E’ probabile che qualcuno, specialmente a sinistra, veda la lettera come la dimostrazione che Sessions si sta piegando alla pressione politica, forse per salvare il posto”.

 

La natura della comunicazione in questione, tuttavia, è assai più ordinaria di come il Post l’ha presentata. Si tratta di una risposta formale, senza alcun impegno, al capo di una commissione del Senato che con insistenza domanda nuove iniziative per indagare Clinton e i democratici. Si fa riferimento a una comunicazione dell’ispettore generale datata 12 gennaio 2017, pochi giorni prima dell’inaugurazione, in cui si annuncia una revisione completa di tutte le malefatte di cui sono state accusate tutte le forze anti trumpiane dalla campagna elettorale in poi, il che include le comunicazioni intempestive di James Comey, ex diretteore dell’Fbi, i leak di informazioni dannose per Trump ma anche le conversazioni sospette dell’ex procuratore generale, Loretta Lynch, e ovviamente l’infinita questione delle email private di Hillary . A luglio Goodlatte e i membri repubblicani della commissione avevano scritto chiedendo la nomina di un omologo di Mueller per indagare i democratici, nella convinzione che “lo sbilanciato, incerto e apparentemente illimitato raggio dell’inchiesta dello special counsel abbia portato molti dei nostri elettori a vedere un doppio standard nell’amministrazione della giustizia”. Due mesi più tardi Goodlatte ha reiterato la richiesta, l’ennesima fatta pervenire a un dipartimento di Giustizia che non può sottrarsi alle sollecitazioni del Congresso. La nomina di un procuratore per neutralizzare Mueller è in linea con i desideri che Trump liberamente esprime, ma non è questa lettera che lo prova. Il passaggio dai tweet alle decisioni giudiziarie è più complicato di così. La risposta del dipartimento, che non è nemmeno firmata direttamente da Sessions, è l’equivalente di un “le faremo sapere” per placare l’insistenza di una commissione politicizzata.