Macron vola a Riad

Francesco Maselli

Un esperto ci spiega la mossa salva Libano dell’Eliseo presso la corte saudita. Le divisioni nella diplomazia

Roma. Giovedì sera, poco prima di prendere l’aereo che lo avrebbe riportato a Parigi dopo due giorni di visita ufficiale negli Emirati arabi, Emmanuel Macron ha comunicato ai giornalisti che avrebbe fatto scalo a Riad, Arabia Saudita, per un colloquio con Mohamed bin Salman, principe ereditario e uomo più potente del paese. La decisione è arrivata a sorpresa, ed è stata presa in tutta fretta la mattina stessa: questi incontri si organizzano con mesi d’anticipo, sono delicati e hanno una simbologia particolare, fare un colloquio del genere senza preavviso è di per sé una notizia. Il contesto in cui questo avviene rende tutto ancora più interessante. Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri francese, intervistato ieri mattina da Europe 1 ha spiegato che nelle due ore di incontro a Riad “i due leader hanno parlato di dossier molto caldi, in particolare quello libanese, che per noi è il più preoccupante in questo momento”.

 

Jean-Dominique Merchet, giornalista dell’Opinion esperto di politica estera e questioni militari, spiega al Foglio il motivo del precipitoso viaggio di Macron: “I francesi erano molto preoccupati che un’azione gestita male dai sauditi scatenasse scontri in Libano. Mohamed bin Salman considera il missile lanciato contro l’aeroporto di Riad dallo Yemen sabato scorso come una dichiarazione di guerra da parte dell’Iran e di Hezbollah, ed è intenzionato a rispondere in modo molto duro. Negli ultimi giorni la situazione si è aggravata, quindi Macron ha deciso di intervenire: in fondo era a due ore d’aereo”. Il Libano, una piccola striscia di terra affacciata sul Mediterraneo che confina con Siria e Israele, non è uno stato come gli altri per la Francia. Nasce negli anni Venti durante il mandato francese in Siria, e in qualche modo è una “creazione” di Parigi per proteggere la comunità cristiano-maronita, ci spiega Merchet: “E’ un paese quasi francofono, con degli scambi culturali molto profondi con la Francia. I legami di amicizia sono noti, la comunità libanese in Francia è numerosa e influente, e viceversa. La priorità di Emmanuel Macron, come dei suoi predecessori, è mantenere stabile il paese”.

 

Alcuni credono che Macron voglia porsi come arbitro nel grande scontro in corso in medio oriente tra Iran e Arabia Saudita. Merchet non condivide affatto: “L’arbitro è neutrale, la Francia no, è alleata dei sauditi. Quando il ministro degli Esteri Le Drian parla delle tensioni nella regione cita i sauditi come ‘alleati’ e allo stesso tempo critica l’atteggiamento interventista di Teheran. Altro che neutralità”. Ma la posizione francese è diversa da quella di Donald Trump, che pure è alleato di Riad: “Gli americani spingono per lo scontro in questo momento. I francesi stanno cercando di evitare che aumenti la tensione, e soprattutto vogliono rispettare l’accordo sul nucleare, che gli americani, e ovviamente i sauditi, intendono invece smantellare”.

 

Le nuove tensioni in medio oriente dividono anche la diplomazia francese: “Esiste un profondo sentimento anti iraniano, e negli ultimi mesi è più influente. Ma c’è anche una convergenza precisa: gli ambienti tradizionalmente filoisraeliani sono diventati anche filoarabi, per motivi di convenienza”. Sullo sfondo i contratti miliardari in sospeso. L’Arabia saudita aveva promesso alla Francia, nel 2015, acquisti militari per oltre 30 miliardi di euro. Accordi praticamente già chiusi, ma mai eseguiti. Nel 2016 la cifra di affari tra i due paesi si è fermata a 700 milioni di euro. “E’ vero, i rapporti si sono raffreddati. E molti contatti francesi a Riad sono stati colpiti dalle ultime purghe del principe, quindi sarà necessario occuparsene. Ma giovedì sera non si è parlato di affari: per gli affari gli incontri vanno preparati, esistono dei simboli, delle regole da rispettare. Macron voleva soltanto provare a risolvere una situazione che ha giudicato molto pericolosa”.