La Cia pubblica i file di Bin Laden per provare i rapporti Iran-al Qaida

Daniele Raineri

L'Iran ha ospitato e ha aiutato i leader del gruppo terrorista dopo il 2001, dicono documenti tenuti in archivio. Il direttore falco Mike Pompeo

Roma. A gennaio la direzione della National Intelligence – Dni, l’organismo che si occupa di coordinare tutte le agenzie di spionaggio americane – annunciò la pubblicazione su internet dell’ultima parte dei documenti trovati nel covo di Osama bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan, nel 2010. Erano poche centinaia, passarono inosservati. La direzione aveva fino ad allora avuto il ruolo più importante nella declassificazione di quei documenti, vale a dire nel processo in cui l’intelligence decide che non ha più nulla da perdere a svelare i documenti e li mette su internet a disposizione del pubblico. Poi però è arrivato il direttore della Cia nominato da Trump, Mike Pompeo, che il 20 ottobre scorso durante una conferenza in un think tank ha annunciato che la Cia avrebbe messo su internet una quantità enorme di altri file trovati nel covo di Abbottabad che provano, tra le altre cose, i legami tra al Qaida e l’Iran. Mercoledì la Cia in effetti ha messo sul suo sito (e non più quello della Dni) 470 mila file che appartengono a quelli trovati durante il raid che uccise il capo di al Qaida. Ned Price, un funzionario della Cia che poi fece carriera nell’Amministrazione Obama, dice su Twitter che quest’anno Pompeo ha spostato molti analisti dai lavori che stavano facendo e li ha messi di nuovo ad analizzare i documenti di Bin Laden, per trovare il collegamento tra Teheran e il gruppo terroristico. Insomma, c’è una motivazione politica ed è molto esplicita considerato che Pompeo è un falco anti Iran. Ma questo non toglie che i documenti siano autentici.

  

I file rivelano un segreto conosciuto da tutti: il governo iraniano dopo l’attacco americano in Afghanistan dette rifugio ai capi di al Qaida in fuga e aiutò il gruppo a ricostituirsi, secondo una logica “il nemico del mio nemico è mio amico” che trascura le differenze religiose. In teoria al Qaida è un gruppo estremista sunnita e l’Iran è una teocrazia sciita, ma in questo caso c’è la scelta precisa di passare sopra l’ideologia per concentrarsi sull’asse nemico formato da America e Israele. Tra tutti i file, che contengono anche video in cui per la prima volta si vede il volto adulto di Hamza bin Laden, figlio di Osama che ne sta prendendo il posto al vertice dell’organizzazione, c’è anche un documento di 19 pagine che spiega come i leader di al Qaida vedono la relazione con l’Iran. L’autore dice che il governo iraniano ha offerto ad alcuni “fratelli sauditi” “tutto quello di cui hanno bisogno: armi, denaro, addestramento nei campi di Hezbollah in Libano, in cambio di attacchi contro gli interessi americani in Arabia Saudita e nel Golfo”. L’intelligence iraniana ha facilitato i viaggi di alcuni uomini di al Qaida e ha provveduto visti sui passaporti, e ha dato ospitalità ad altri. A un certo punto l’autore di al Qaida scrive: gli iraniani appoggerebbero persino Muhammad Ibn al Abd al Wahab per colpire gli americani, dove al Wahab è l’imam saudita che ha dato il nome al wahabismo, la corrente più estrema dell’islam sunnita. A giugno è uscito un saggio, (“The Exile”, 600 pagine, Bloomsbury), che racconta grazie a una ricostruzione fatta con decine di interviste la vita degli uomini di al Qaida ospitati in Iran. Memorabile la scena in cui gli iraniani portano l’egiziano Saif al Adel, capo militare del gruppo, a nuotare in una piscina della capitale frequentata da diplomatici occidentali ignari che nuotano nelle corsie accanto.

  

Uno dei dossier più sbeffeggiati della recente storia mediorientale fu quello compilato dal governo americano a proposito della presunta alleanza tra il rais iracheno Saddam Hussein e al Qaida prima dell’11 settembre. Ma come dimostra il materiale di al Qaida, a volte governi locali considerano davvero i gruppi jihadisti come asset aggressivi da usare per i loro scopi. L’Iran lo ha fatto con al Qaida, la Siria lo ha fatto con lo Stato islamico fino a pochi anni fa. I documenti di Abbottabad si fermano al 2010, anno del raid, ma secondo numerose fonti l’Iran ha continuato questa politica di appoggio discreto e l’anno scorso ha mandato cinque capi di al Qaida nel nord della Siria per rafforzare la posizione del gruppo sulle altre fazioni.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)