Drone militare (foto LaPresse)

La Cia con il coltello

Daniele Raineri

Trump torna ai metodi del primo Obama ed espande i programmi dell’intelligence in Afghanistan

Roma. Ieri il New York Times ha scritto che la Cia sotto l’Amministrazione Trump e guidata dal direttore Mike Pompeo sta per espandere le sue operazioni paramilitari in Afghanistan alla guerra contro i talebani, e non più soltanto contro al Qaida. Si tratta di un salto netto rispetto al passato perché la Cia negli anni scorsi poteva lanciare questo genere di missioni soltanto in una zona ristretta del Pakistan, chiamata “kill box”. La notizia è il seguito naturale di un articolo pubblicato il 15 settembre nel quale si spiegava che la Cia stava facendo pressioni sulla Casa Bianca per ottenere l’autorizzazione a espandere i bombardamenti con i droni e le operazioni paramilitari all’Afghanistan e ad altri teatri di guerra. Rispetto ai militari c’è una distinzione importante: la Cia agisce in modalità “covert”, vale a dire con operazioni fatte in modo da nascondere l’identità degli esecutori e del mandante, o almeno in modo da garantire al governo americano la possibilità di negare in modo plausibile. Quel tipo di attività non può essere discussa in pubblico dal governo.

   

Così la Cia e l’Amministrazione Trump tornano ai tempi della prima Amministrazione Obama, che fece dell’impiego paramilitare della Cia uno strumento favorito nel campo della Sicurezza nazionale. Può suonare strano, ma entrambi, Obama e Trump, anche se per motivi diversi, non vogliono impelagarsi in gigantesche campagne militari all’estero, che di solito vanno a finire con il dispiegamento di decine di migliaia di soldati – sono già undicimila in Afghanistan e quasi mille in Niger, come abbiamo appreso la settimana scorsa – e con richieste pressanti da parte dei generali per averne ancora. Nel suo secondo mandato Obama aveva tentato di invertire la rotta e di dare una nuova direzione alla Cia.

   

Donald Trump visita il quartier generale dell Cia (foto LaPresse)


Dai più di cento raid con i missili in Pakistan nel 2010 (nel pieno del primo mandato) si era passati alla decina scarsa del 2016 (l’ultimo anno). Nel 2013 Obama aveva nominato John Brennan alla direzione della Cia anche con il compito di abbandonare le attività paramilitari e di tornare alla mera raccolta d’informazioni, dove le cose – spiegava Brennan – non andavano benissimo: “Non ci siamo accorti dell’arrivo delle rivolte nei paesi arabi”. L’uomo della Cia che per conto di Obama aveva trasformato il molto discreto programma droni in una macchina per bombardamenti quotidiani, Mike D’Andrea, fu rimosso – ma ormai questa nuova faccia paramilitare dell’Agenzia era diventata un fatto pubblico (vedi per esempio un libro scritto nel 2014 da uno specialista del New York Times, Mike Mazzetti: “The way of the knife”). I bombardamenti mirati in Yemen, Somalia e Libia (compresi i due recenti contro lo Stato islamico in Libia partiti da una base in Sicilia) furono assegnati al Jsoc, una divisione del Pentagono che si occupa delle operazioni speciali. Loro sono costretti a essere più trasparenti e a rendere conto, anche se questo non si traduce in automatico in meno vittime civili (fu un drone del Jsoc a colpire in pieno un corteo matrimoniale in Yemen nel dicembre 2013).

   

Mike D’Andrea nel frattempo è stato ripescato dall’Amministrazione Trump e messo a capo del settore della Cia che si occupa del contrasto all’Iran (dove “contrasto” è una parola fin troppo delicata per descrivere le mansioni). E ora anche la guerra totale fatta con i droni e le operazioni covert tornano e si espandono, con l’obiettivo di salvare la situazione in Afghanistan, dove le truppe del governo centrale di Kabul perdono terreno ogni mese che passa. Le tattiche dei talebani sono sempre più sofisticate – gli ultimi tre attacchi a basi militari sono stati compiuti con squadre, guidatori suicidi e mezzi blindati che sembravano appartenere all’esercito regolare – quindi è probabile che la Cia voglia opporre tattiche più aggressive di quelle usate finora, a un prezzo politico molto minore. Dice un ex funzionario dell’antiterrorismo della Cia sentito dal New York Times: “Al popolo americano non importa se squadre della Cia stanno facendo una guerra clandestina laggiù, importa se ci sono cinquantamila soldati americani”.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)