Foto LaPresse

Cade Raqqa, roccaforte dello Stato islamico

Enrico Cicchetti

I curdi hanno liberato la vecchia capitale dell'Isis e nelle Filippine di Duterte i soldati hanno sconfitto i jihadisti a Marawi. La doppia sconfitta del Califfato

Dopo quattro mesi di combattimenti le Forze siriane democratiche (Fds), l’alleanza curdo-araba appoggiata dalla coalizione internazionale a guida americana, hanno preso il controllo dell'ospedale nazionale nel centro di Raqqa, roccaforte dello Stato islamico e sua capitale di fatto, nel nord della Siria. Ventidue miliziani dello Stato islamico sono stati uccisi e l'ospedale è stato conquistato. Poco prima, ha detto il portavoce delle Fds Mustafa Bali, era stata liberata la zona della rotonda di al Naim, il macabro scenario delle esecuzioni di massa dell’Isis. La bandiera gialla e verde delle Ypg – le Unità di protezione del popolo curdo, la più potente delle fazioni che compongono l'alleanza – sventola ora sullo stadio della città siriana, uno degli ultimi avamposti dei miliziani islamici che l’avevano trasformato in deposito di armi e prigione per gli oppositori.

 

“Lo stadio è una struttura enorme con sale sotterranee e tunnel”, ha spiegato Bali, “e fino all’ultimo i soldati del califfo si sono asserragliati all’interno e negli edifici circostanti”. Un altro portavoce delle Forze siriane democratiche, Talal Silo, ha detto alla Dpa che le operazioni militari a Raqqa sono terminate. L'alleanza curdo-araba, ha aggiunto, sta perlustrando la città per individuare eventuali cellule dormienti dello Stato islamico. Inoltre sono in corso le operazioni per mettere in sicurezza lo stadio e bonificarlo dalle mine che si teme abbiano disseminato i jihadisti.

 

La vittoria potrebbe però essere il preludio di nuove tensioni nell’area, poiché i curdi siriani dell’Ypg si sono rafforzati e potrebbero entrare in conflitto, anche armato, con la Turchia, il cui corpo di spedizione sta entrando a Idlib e ha praticamente inglobato il territorio siriano a nord di Aleppo, tra Jarablus e Azaz. Ci si potrebbe dunque aspettare di trovarsi presto in una situazione di conflitto sulla falsa riga di quanto è avvenuto a Kirkuk, città nel nord dell’Iraq, riconquistata tra domenica e lunedì dalle forze dell’esercito iracheno, insieme ad alcune milizie sciite controllate dall’Iran. Le operazioni militari potrebbero continuare nelle prossime settimane: la città si trova infatti in una zona contesa – e molto ricca di petrolio – e dal 2014 era sotto il controllo del governo del Kurdistan iracheno, che il 25 settembre ha tenuto un referendum sull’indipendenza molto osteggiato da Baghdad.

 

Perdere Raqqa è comunque un altro colpo enorme per lo Stato islamico, che negli ultimi mesi ha visto evaporare i territori sotto il suo controllo in Iraq e Siria, tra cui Mosul, la sua capitale irachena e la seconda città più grande del paese. E spostandosi dall’altra parte del globo, oggi è crollata un’altra enclave jihadista. Nella città di Marawi, sull’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, da maggio continuavano gli scontri tra i miliziani affiliati allo Stato islamico e l’esercito filippino che hanno provocato più di mille morti, soprattutto miliziani islamisti. Il presidente Rodrigo Duterte ha dichiarato oggi che la città è stata liberata, anche se ci sarebbero ancora combattimenti nelle aree circostanti. I soldati di Duterte sono dunque riusciti, con l'artiglieria e con attacchi aerei, a strappare ai miliziani i quartieri della città sui quali avevano issato la bandiera nera dello Stato Islamico, intrappolando almeno duemila civili nelle zone contese.

 

Gli scontri erano cominciati il 23 maggio, quando l'esercito filippino ha tentato di catturare Isnilon Hapilon, leader islamico estremista sulla cui testa l'Fbi ha messo una taglia da 5 milioni di dollari. Attaccati dalle forze governative, Hapilon e più di una dozzina dei suoi uomini hanno trovato il sostegno dei militanti armati del gruppo islamista Maute, che ha giurato fedeltà al califfo, e in circa 50 sono riusciti ad entrare nella città.

Di più su questi argomenti: