Pedro Sanchez e Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Lo psicodramma dei socialisti spagnoli, stretti tra la Catalogna e Rajoy

Angela Nocioni

Il premier spagnolo ha legato la sorte del segretario del Psoe alla sua come avrebbe fatto un vecchio sovrano con il suo scudiero

Roma. A registratore spento i socialisti spagnoli ammettono: Rajoy ci ha messi “entre la espada y la pared”. In puro stile gallego, il premier spagnolo ha legato la sorte del segretario del Psoe alla sua come avrebbe fatto un vecchio sovrano con il suo scudiero. Senza socialisti il governo di minoranza a Madrid cade. Senza di loro nessuna alternativa all’assetto governativo attuale può essere nemmeno esplorata. Senza di loro il famigerato articolo 155 della Costituzione, l’armageddon anti indipendentisti catalani, non può scattare senza portarsi dietro la crisi dell’esecutivo. Eppure è il premier del Partito popolare ad avere i socialisti in mano, non viceversa.

   

“Un accordo storico” ha definito il patto tra Rajoy e Sánchez il leader dei socialisti catalani Miquel Iceta, quando Sánchez gliel’ha illustrato per sapere se poteva contare sul suo appoggio. Via libera all’applicazione del 155 nel caso in cui il governatore catalano Carles Puigdemont non ingrani la retromarcia sulla dichiarazione d’indipendenza. In cambio della disponibilità dei popolari a una riforma costituzionale ancora tutta da discutere: non ha portato a casa molto, Sánchez, in cambio dell’alto rischio che corre di perdersi per strada tutti i socialisti allergici a una stretta vicinanza a Rajoy.

   

Il 155 può essere applicato in molti modi, con e senza l’uso della forza, con e senza la convocazione d’imperio di elezioni in Catalogna. Sánchez ha firmato una cambiale in bianco a Rajoy e ha ricevuto come contropartita una promessa di riforma costituzionale tutta da discutere che chissà quale fine farà da qui a sei mesi, lamentano i critici interni. Anche il governatore catalano Carles Puigdemont ha giocato un brutto scherzo ai socialisti. Li ha costretti a uscire dall’ambiguità del “sosteniamo Rajoy, tuttavia…”.

   

Pol Gilbert, deputato Partito socialista catalano al Parlament di Barcellona, non lo nega: “Sembrava scemo Puigdemont, invece ci ha mostrato martedì una certa furbizia. Ma quando Rajoy difende la Costituzione siamo con lui, siamo costituzionalisti”, dice al Foglio. E quando dovesse decidere di intervenire a Barcellona sospendendo l’autonomia catalana? “Se lo dovesse fare dopo che Puigdemont s’è rifiutato di ritirare la dichiarazione di indipendenza, saremmo con lui. Dipende da ciò che risponde Puigdemont. E’ lui che ha iniziato la sfida, sta a lui decidere se vuole lo scontro”.

   

Eppure il perimetro entro il quale Rajoy può muoversi contando sulla non belligeranza socialista – concordato in un fiume di riunioni tra il premier, Sánchez e tre personaggi che nel momento delle decisioni importanti scortano sempre il segretario del Psoe come tutori, José Enrique Serrano, della vecchia guardia socialista che non s’è perso un solo tavolo di trattativa negli ultimi vent’anni, la deputata catalana Meritxell Batet e la costituzionalista Carmen Calvo – è un perimetro assai mobile. Il 155 prevede un ventaglio di azioni possibili. Sarà il premier, alla fine, a scegliere quali usare.

   

 

“Dobbiamo tenerci Rajoy fino alle elezioni. Reggere il suo peso. E poi sconfiggerlo lì, nell’urna. Comportarsi diversamente sarebbe da irresponsabili”, dice al Foglio la portavoce dei socialisti al Parlament, la deputata catalana Esther Niubò.

  

Il Psc è schierato in difesa di Sánchez in eterna guerra contro la presidente dell’Andalusia Susana Díaz, la figlia dell’idraulico sivigliano determinata a fare le scarpe al fotogenico economista madrileño che le ha soffiato la segreteria del partito. La Díaz ha dalla sua parte l’insidiosissima seconda fila del partito, vecchi ex dirigenti, nomi non noti ma con molta presa sui militanti. Prima del discorso al Parlament di Puigdemont la fronda dei vecchi ha diffuso una lettera aperta contro Sánchez in difesa di un unionismo che non consenta strizzate d’occhio agli indipendentisti. “E’ gente che non ha più incarichi importanti, di fatto non rappresenta nessuno, ma approfitta dell’influenza che ha sull’opinione pubblica per mettere in difficoltà il segretario. Non va bene perché quella che è in corso è una grave crisi di stato”, li liquida la Niumbò.

    

Giurano i socialisti catalani di non temere che questa vicinanza a Rajoy gli costi un’emorragia di voti in favore di Podemos e delle sue costole locali, comprese quelle che vanno pericolosamente addensandosi attorno alla sindaca di Barcellona, Ada Colau. “Li voglio vedere quelli di Podemos come se la cavano adesso”, ci dice Raùl Moreno, deputato del Psc. “Si inventeranno una giravolta per smarcarsi da Carles Puigdemont appena la causa indipendentista non gli risulterà più comoda. Il problema dei dirigenti di Podemos è che si mettono dietro il primo striscione che trovano senza leggere prima quello che ci sta scritto sopra. Con gli indipendentisti si bruceranno”.