La classica posa delle mani della cancelliera Angela Merkel (foto LaPresse)

Generazione Merkel

Alberto Nardelli e Tobias Schmutzler*

I giovani (soprattutto quelli al primo voto) sono pazzi per la cancelliera, e saranno decisivi domani. Storia di una passione, che ha molto a che fare con l’Europa

Per gentile concessione di BuzzFeed News. La versione originale dell’articolo, in inglese, è qui


  

Durante l’estate, i comizi elettorali di Angela Merkel sono stati accompagnati da piccoli gruppi di contestatori di estrema destra. Il suo evento a Heidelberg, città nel sud-ovest della Germania, in un tiepido pomeriggio d’inizio settembre, non è diverso dagli altri. Poche decine di contestatori sono sparpagliati attorno all’Universitätsplatz mentre la Merkel sale sul palco. Alcuni gridano “Merkel vattene!”. La chiamano traditrice. Altri fischiano per disturbare il suo discorso. “Vota per Merkel – Conta i cadaveri”, si legge su un cartellone scritto a mano. Su un altro: “Chiudete i confini – Basta con la follia dell’accoglienza”.

 

Imperterrita, la Merkel risponde ringraziando chi “ha aiutato i rifugiati e non urla”. Se un errore c’è stato, dice alle tremila persone che si sono radunate nella piazza per ascoltarla, non è stato quello di fare entrare i rifugiati, semmai quello di non esserci preoccupati abbastanza di migliorare la situazione nei paesi d’origine dei rifugiati. “La diversità ci rende più forti contro le tempeste che ci vengono addosso”, dice la Merkel. Alcuni dei partecipanti si rivolgono ai disturbatori: “Avete il diritto di protestare, ma noi abbiamo diritto alla democrazia quando vogliamo ascoltare questo discorso!”, dice Mirjam Taufenbach, 19 anni, a un manifestante particolarmente rumoroso.

 

Tra la folla radunata nella piazza ci sono molti giovani. Heidelberg ospita una delle università più antiche della Germania, e un quarto dei circa 155 mila cittadini è composto da studenti. “Dopo il discorso, ho capito che so per certo di voler votare per lei”, dice Lena Büttner, che domenica voterà per la prima volta.

 

Una ragazza che votava per l'Spd ora darà
la sua preferenza
alla Cdu. "Merkel
è la ragione principale" del cambiamento

Domenica i tedeschi andranno alle urne per le elezioni federali che, se i sondaggi sono accurati, daranno con tutta probabilità un quarto mandato alla Merkel. Secondo questi stessi sondaggi, è il sostegno della grande maggioranza di elettori giovani – come Lena e i suoi amici – che le assicurerà la vittoria. Sotto la leadership della Merkel, i conservatori della Cdu sono diventati il partito più popolare tra i giovani, e personalmente la cancelliera è al picco della sua popolarità tra gli elettori al primo voto. I giovani e tanti che si erano astenuti in passato sono stati cruciali nella tripletta di vittorie elettorali per la Cdu nei Land in cui si è votato nella primavera scorsa. Un sondaggio pubblicato a giugno ha mostrato che il 57 per cento dei tedeschi tra i 18 e i 21 anni sosteneva la Merkel come cancelliere rispetto al suo principale contendente, il socialdemocratico Martin Schulz, una percentuale più alta rispetto al 53 per cento di consenso di cui la Merkel gode tra la popolazione nella sua interezza.

 

In un mondo in cui le carriere politiche a volte possono essere misurate in giorni o settimane, la Merkel è un’eccezione. Il viaggio che l’ha portata nel 2005 a diventare cancelliera fu inaspettato. Molti, in Germania e all’estero, pensavano che una donna, una donna dell’est, non potesse farcela nel mondo politico tedesco dominato dagli uomini – figurarsi durare così tanto. Si sbagliavano. Il fatto che ora la Merkel cerchi il suo quarto mandato è la dimostrazione della sua capacità di estendere costantemente l’appeal del suo partito oltre la base conservatrice e più anziana. Ma la forza dell’economia, le tattiche, l’immagine di stabilità in un mondo instabile arrivano a spiegare soltanto fino a un certo punto la popolarità della Merkel dopo dodici anni nel ruolo più rilevante d’Europa. Ancora più importante è che Merkel è vista come autentica da una nuova generazione di elettori che pone l’autenticità di un politico sopra ogni altra cosa.

 

“E’ vera! Emerge per quel che dice e s’impone sul suo partito dicendo: ‘Faremo questa cosa ora, anche se voi non siete d’accordo’”, dice a BuzzFeed News Taufenbach, quando le chiediamo perché vota per la Merkel. La diciottenne aggiunge: “E’ un esempio per le altre donne – e trovo questa cosa meravigliosa”. Un’altra studentessa ventiquattrenne, Tabea Wegener, che ha votato l’Spd nel 2013 ma pensa ora di votare la Cdu, dice: “Merkel è il motivo principale” del cambiamento. Anche molti di quelli che non voteranno per la Cdu elogiano la Merkel. Patrick Schygulla, studente di fisica, applaude la Merkel sulla gestione della crisi dei rifugiati. “Non voto per la Cdu – dice – Ma rendo merito alla Merkel per aver resistito alla tempesta durante la crisi dei rifugiati”. “Penso che la Merkel sia un grande politico – aggiunge – Ma è nel partito sbagliato”. Tra tutte le questioni, la gestione dei rifugiati è stata quella che ha cementato la popolarità della Merkel tra i giovani tedeschi.

 

La gestione della crisi dei rifugiati, che era parsa come la fine
della carriera
della cancelliera,
è determinante
nel voto giovanile

Nel luglio del 2015, durante un forum per giovani, la Merkel fu fortemente criticata per non aver consolato una giovane ragazza palestinese che stava per essere deportata. La Merkel disse alla ragazza che non tutti potevano rimanere in Germania, “qualcuno dovrà andare a casa”. Merkel poi diede un buffetto sulla spalla alla giovane, che ormai singhiozzava. L’hastag #Merkelstreichelt (Merkel dà un buffetto) divenne presto trend su Twitter. Un paio di mesi dopo, la Merkel prese la decisione più importante del suo mandato: aprì le porte a più di un milione di rifugiati. #Merkelstreichelt divenne #RefugeesWelcome. “Wir schaffen das”, ce la faremo, disse la Merkel.

 

Questa decisione ha determinato la popolarità della Merkel tra i giovani. “Condivido la dichiarazione della Merkel ‘Wir schaffen das’, cerchiamo di fare quel che è nelle nostre possibilità per aiutare gli altri perché il nostro paese è florido”, dice Taufenbach. Merkel ha detto che la decisione è stata sia politica sia umanitaria.

 

Pure se centinaia di migliaia di rifugiati erano già arrivati in Germania nell’estate, il settembre del 2015 fu un momento di svolta. Quando l’Ungheria bloccò i treni nella stazione di Budapest, decine di migliaia di persone iniziarono a procedere a piedi, per le strade, le autostrade, i campi. La catastrofe era imminente, e Merkel decise di agire. Il simbolismo della stazione Keleti a Budapest, dove i tedeschi dell’est che non potevano viaggiare a ovest durante il comunismo cercavano di incontrare amici e parenti, era ben presente nella mente di Merkel. Pure se era consapevole del fatto che la Germania e l’Europa non avevano dato troppa attenzione alle condizioni che avevano portato alla crisi e che erano inadeguate ad assorbire un afflusso di gente tanto grande e tanto improvviso, Merkel rimase convinta di aver fatto la cosa giusta – e oggi la rifarebbe. “Riprenderei oggi la stessa decisione presa nel 2015 – ha detto in un’intervista il mese scorso – era una situazione straordinaria e presi la mia decisione sulla base di quello che ritenevo giusto da un punto di vista politico e umanitario”. “Questo tipo di situazioni straordinarie accadono di tanto in tanto nella storia di un paese – ha aggiunto – Il capo del governo deve agire, e io l’ho fatto”.

 

Alcuni dell’opposizione sostengono che proprio questa decisione ha contributo all’ascesa del populismo in tutta Europa. Indicano come prova le vittorie elettorali del partito di estrema destra AfD negli ultimi due anni. E l’AfD ha buone possibilità di entrare nel Parlamento nazionale per la prima volta a questa tornata elettorale. Nei mesi successivi alla sua decisione, la popolarità della Merkel crollò. Migliaia di persone, per lo più membri di gruppi della destra estrema, islamofoba e anti immigrazione, manifestarono nelle piazze di tutta la Germania, mentre termini e retoriche razzisti scomparsi dai tempi della Seconda guerra mondiale fecero di nuovo il loro orrendo capolino. Nel frattempo, anche molti del suo partito chiedevano alla Merkel di mettere un tetto al numero di rifugiati futuri. Molti commentatori sentenziarono: la carriera politica della cancelliera volge al termine.

Merkel rimase ferma sulle sue posizioni, e combattiva.

 

Il numero di arrivi in Europa è considerevolmente sceso rispetto a due anni fa. Sono stati messi in campo sistemi e procedure per gestire le richieste di asilo. Merkel ha fatto pressione per dare fondi per lo sviluppo ai paesi africani. Internamente, l’integrazione di centinaia di migliaia di persone nella società tedesca e nel mercato del lavoro è un progetto enorme e c’è ancora tantissimo da fare. Restano molte sfide, ma la popolarità della Merkel è tornata ai livelli pre crisi. La crisi dei rifugiati ha intanto aumentato la credibilità morale della cancelliera tra i giovani tedeschi. Ma per comprendere appieno la sua popolarità è importante conoscere la sua storia, che è del tutto diversa da quella degli altri leader occidentali.

Nel voto tedesco
è in gioco il futuro dell'Europa.
La cancelliera
sa per esperienza personale che nessun valore può essere dato per scontato

Tutta la sua formazione, dal primo giorno di scuola fino alla laurea in fisica all’Università di Leipzig e il dottorato in chimica quantistica, si è svolta sotto la dittatura comunista. Conosce meglio di qualunque altro leader occidentale com’è veramente la vita incastrati dietro a un muro. Anche la religione ha giocato un ruolo: suo padre era un pastore luterano, e da bambina la Merkel viveva in una parrocchia nella campagna attorno alla cittadina di Templin, 80 chilometri a nord di Berlino. Nel complesso c’era anche una scuola per bambini disabili. Merkel ha raccontato che quando invitava amici a giocare, sentiva che si spaventavano per la presenza di quei bambini. “Quando l’ho capito, ho iniziato a dire ai miei compagni: sono bravi, sono come noi”, ha raccontato Merkel in un documentario.

 

Merkel aveva 35 anni quando il muro di Berlino cadde, e l’effetto sulla sua vita personale fu enorme. “Nella Germania dell’est, a causa del mio lavoro nella teoria della chimica applicata, incontravo davvero pochissime persone – ha detto in un’intervista la scorsa settimana – Passavo le mie giornate per lo più in silenzio, a pensare”. E ha aggiunto: “Quando il muro è caduto e io sono entrata nel Demokratischer Aufbruch (un movimento pro democrazia), ho scoperto quanto mi piaceva parlare con le persone”. L’esperienza al di là della cortina di ferro ha dato alla Merkel una inusuale prospettiva di lungo periodo. Ha visto da vicino il collasso di un antico impero. Quella esperienza e una fascinazione più recente per la globalizzazione l’hanno resa molto consapevole del fatto che la ricchezza di un paese, il vantaggio tecnologico e i valori non possono mai essere dati per scontati.

 

Anche il suo atteggiamento nei confronti dei profughi è stato condizionato da questa consapevolezza. Da donna cresciuta nell’est, la Merkel sa che l’allineamento dell’Europa centrale e dell’est ai valori occidentali non è una certezza. Ecco perché la strategia adottata oggi da alcuni paesi dell’Europa centrale nei confronti di cittadini di paesi a maggioranza musulmana, e la ritrosia reiterata di alcuni governi nell’accettare migranti di religioni diverse, la fa particolarmente innervosire. “Non va bene che alcuni paesi non accolgano rifugiati. Contraddicono lo spirito europeo. Ma supereremo questa impasse. Ci vorrà tempo e pazienza, ma ce la faremo”, ha detto Merkel il mese scorso.

 

Tanti detrattori della cancelliera sostengono che il suo successo abbia molto più a che fare con il suo essere vaga che con le sue azioni. In dodici anni di potere, la Merkel si è tenuta lontana dai bisticci quotidiani e dagli scandali della politica. “Merkel è un cancelliere di teflon. Ogni cosa le scivola addosso. Non fa sbagli. E’ frustrante”, ci ha detto un insider dell’Spd. I sostenitori della Merkel tendono a proiettare su di lei qualsiasi cosa vogliono sentirsi dire. I critici invece dicono che è vaga, troppo cauta, e senza grandi idee. Alcuni politologi sono andati oltre e hanno coniato un’espressione che sintetizza quel che pensano della sua politica: “de-mobilitazione asimmetrica”, una strategia che dà senso di sicurezza agli elettori, evitando questioni controverse e neutralizzando le politiche più popolari degli avversari. Indicano come esempio quel che è accaduto con il voto sul matrimonio omosessuale.

 

“La cancelliera ha due punti di forza. Prima prende le politiche più popolari dei Verdi, dei liberali e dell’Spd. Poi ripete il suo messaggio tutte le volte: ‘Attenti con i soldi’”, ci dice Axel Schäfer, vicepresidente del gruppo parlamentare dell’Spd al Bundestag. Gli alleati della Merkel dicono che semplicemente lei è pragmatica: la maggior parte dei tedeschi, compresi gli elettori della Cdu, è a favore del matrimonio gay.

 

Molta della forza della Merkel come politica è intrinsecamente collegata al sistema politico tedesco basato sul consenso. Mettere insieme persone differenti e con punti di vista diversi in Germania funziona. Il fatto che la Merkel sia genuinamente portata al compromesso di certo aiuta. “Durante i nostri incontri, molti altri leader preferiscono avere discussioni politiche di alto livello – ci dice un funzionario di un governo europeo – la Merkel si concentra sulle conclusioni tecniche e gli obiettivi. Sta seduta lì con la penna in mano, toglie una frase, cambia un paragrafo, aggiunge e toglie parole”. Lo stesso funzionario spiega il suo metodo: “Merkel è un fenomeno. Prima di tutto riduce ogni problema in piccole parti. Così riesce a risolvere alcune questioni e a rimandare altre al futuro. E’ come un algoritmo. Secondo: per lei tutto è un processo. Si comporta come un’insegnante: dà i compiti, ciascuno ha il suo posto e conosce il ruolo di chiunque. Una volta che sei nel processo, è fatta. Terzo: non perde mai la calma”.

 

Un altro diplomatico europeo ci dice: “Merkel conosce ogni dossier, nei dettagli. E’ l’unico leader ai vertici internazionali che può scrivere un comunicato da solo. Può cambiare le parole in un documento perché conosce ogni sottigliezza”.

 

Certo, politici che hanno un modo di fare più energico possono ogni tanto trovare frustrante l’approccio di Merkel. In un libro pubblicato a luglio, l’ex premier italiano Matteo Renzi, senza nominare direttamente la Merkel, scrive: “Spendere giornate intere a discutere sul comma di un documento che sarà letto da meno persone di quante l’hanno scritto è per il 99 per cento delle volte inutile” (Renzi in seguito aggiunge però che la mediazione della Merkel è stata utile all’Italia in molte occasioni). Un capo di stato europeo ci ha detto: “Non tutti amano la Merkel, ma tutti la rispettano”.

Il metodo Merkel potrebbe non essere altrettanto efficace in contesti politici pugilistici come quelli americano o inglese. Non peggiora le cose, non offende, ed è molto riflessiva. Come ha detto di recente un commentatore: Merkel “è la politica senza il circo”.

La legacy non preoccupa la Merkel. Il giorno
in cui deciderà
di andarsene svuoterà
la scrivania, dirà: grazie, e lascerà l'ufficio

Schiacciata tra l’America di Donald Trump, la Russia di Vladimir Putin e la Turchia del sempre più autoritario Recep Tayyip Erdogan, Merkel è stata definita “la leader del mondo libero” e, in altre occasioni, “l’ultima custode dell’occidente liberale”. Merkel rifiuta il mantello di leader del mondo libero. Non è adatto a un leader della Germania. Merkel è spesso ritratta in un contesto di rivalità, lei in contrasto con valori differenti o debolezze di altri – spesso si tratta di uomini-macho, che in passato hanno sottovalutato la Merkel, o di bulli con ego enormi. Trump è l’ultimo di una lista lunga. Ma il fatto che il presidente americano sia stato molto critico con la Germania e la sua cancelliera (ha definito la politica dei rifugiati “uno sbaglio catatrofico”) ha sicuramente contribuito ad aumentare la popolarità della Merkel. La decisione di Trump di uscire dall’accordo sul clima di Parigi e i dubbi che continua a far balenare sul futuro dei rapporti tra America ed Europa sono in netto contrasto con quel che pensa la maggior parte dei tedeschi. Circa l’85 per cento dei tedeschi ha un’opinione negativa di Trump – è il presidente americano meno popolare in Germania da quando si è cominciato a misurare questo dato. (…)

 

Alcuni descrivono la poco eccitante contesa elettorale tedesca come noiosa – soprattutto se paragonata ai voti in America, Francia e Inghilterra. Ma i tedeschi non la vorrebbero diversa. I poster della campagna di Merkel dicono: “Per una Germania in cui viviamo bene e contenti”. Grazie a un’economia forte – che l’anno scorso è cresciuta più velocemente degli altri paesi del G7 – e una disoccupazione ai minimi, molti tedeschi sembrano contenti. Il partito della Merkel ha 15 punti di vantaggio rispetto all’Spd. Se la Germania eleggesse il suo cancelliere direttamente, Merkel avrebbe il doppio dei consensi di Schulz.

 

Ma basta guardare la mappa dell’Europa per sapere che cosa ci si gioca in ogni elezione parlamentare tedesca. Quest’anno non è differente: l’Ucraina e la Russia a est. Più vicino a casa, la Polonia e l’Ungheria stanno mettendo alla prova i fondamenti dello stato di diritto. Una crisi migratoria a sud. A ovest, c’è la Brexit. Merkel è concentrata sul futuro dell’Europa – i partiti populisti, nazionalisti, anti immigrazione di tutto il continente non hanno esaurito la loro forza. Merkel è preoccupata della capacità della Germania e dell’Europa di rimanere rilevanti nel lungo periodo. Si preoccupa che l’Europa possa un giorno diventare un continente-museo, perché gran parte delle innovazioni più importanti del mondo avviene da un’altra parte del globo – in Corea del sud, nella Silicon Valley, in Cina. “Noi europei dobbiamo prendere in mano il nostro destino”, ha ripetuto più volte la Merkel quest’anno.

 

Vede la stessa spinta nel presidente francese Emmanuel Macron. Ha ammirato il fatto che Macron abbia deciso di fare una campagna elettorale pro europea ed essendo una che ha poco tempo per la partigianeria e l’ideologia, trova interessante l’approccio “né di destra né di sinistra”. E Merkel sa che ogni riforma dell’Ue di carattere duraturo – da una cooperazione maggiore su difesa e politica estera a un’ulteriore integrazione nell’Eurozona e un’Unione che va avanti a velocità differenti – deve passare per la relazione tra Germania e Francia. Un funzionario di alto livello del governo francese ci ha detto: “Sia la Germania sia la Francia avranno quattro anni di tempo prima di nuove elezioni. E’ un buon momento per le riforme”.

 

(…) Macron è il quarto presidente francese con cui Merkel ha a che fare, e i rapporti con i predecessori non sono stati sempre facili. In quanto a personalità, lei e Nicolas Sarkozy, che era conosciuto come il “presidente bling bling”, erano agli antipodi. Merkel riteneva che Sarkozy fosse troppo impulsivo e impaziente. Sarkozy la trovava fredda, troppo lenta nell’azione e cauta in maniera frustrante. Nel 2008, durante una conferenza stampa nel mezzo della crisi finanziaria globale, disse: “La Francia sta agendo, mentre la Germania sta ancora pensando al da farsi”. Dove Merkel vedeva complessità, Sarkozy vedeva tentativi di bloccare un’azione necessaria. Si infuriò quando la Germania decise di astenersi in un voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’intervento in Libia.

 

La giornalista Marion Van Renterghem, che ha da poco pubblicato un libro sulla Merkel, ha riportato uno scambio privato tra i due leader: “Tu mi rimproveri di essere troppo lenta”, avrebbe detto Merkel durante una cena con Sarkozy. “Io non ho la stessa relazione con il tempo che hai tu. Sono entrata tardi in politica, quando non immaginavo che nemmeno fosse possibile. Ero nella Germania est e pensavo di rimanerci fino alla pensione, per poi finire i miei giorni all’ovest. La caduta del Muro è stata un enorme sconvolgimento. Io sono una persona che dà tempo al tempo perché ho visto che nella lentezza c’è speranza”. Eppure, nonostante le differenze, Merkel e Sarkozy hanno resistito alla crisi finanziaria globale.

 

Pur essendo una persona che non si lascia trasportare dai sentimenti in pubblico (il suo amore per il calcio è un’eccezione rara), Merkel ha quasi mostrato entusiasmo per la vittoria elettorale di Macron. Quando i due leader si sono incontrati a Berlino subito dopo l’insediamento di Macron, Merkel ha citato Hermann Hesse: “C’è della magia in ogni inizio”. “La magia dura soltanto se ci sono risultati”, ha aggiunto cauta la cancelliera, che ha visto cento leader europei andare a venire.

 

Alcuni sostengono che Merkel abbia sviluppato una passione per l’Europa tardi nel corso della sua carriera, che, al contrario dei suoi predecessori alla cancelleria della Germania (ovest), l’Ue non è nel suo dna. Merkel nega queste idee: “Non sono diventata europea. Sono sempre stata europea”, ha detto in un’intervista recente. Pur essendo stata sotto l’attenzione del pubblico per più di vent’anni, c’è molto di Merkel che rimane misterioso. E’ difficile avere informazioni sulla sua vita privata a parte qualche rara fotografia di lei che fa spese in un supermercato o che parla della ricetta di una zuppa di patate.

 

La legacy non è qualcosa che, si dice, preoccupa tanto Merkel. Arriverà un giorno in cui deciderà che è ora di andare. Quanti le sono più vicino non si sorprenderebbero troppo se in quel giorno lei semplicemente svuotasse la scrivania, dicesse: grazie, e se ne andasse.

Ma se ce la farà domenica, quel giorno rimarrà distante, e avrà una nuova generazione di elettori. Come Elisabeth Pfaffendord, una studentessa di Medicina ventiquattrenne, che a Heidelberg ci dice che lei vota per la Cdu solo per la Merkel. “Ho la sensazione che quello che dice sia importante per lei a livello personale”, dice Pfaffendorf. “Pensa sul lungo periodo piuttosto che sparare a casaccio. Mi dà la sensazione che abbia un piano”.

*Alberto Nardelli è Europe Editor di BuzzFeed News. Tobias Schmutzler è reporter di BuzzFeed Germania

(traduzione di Paola Peduzzi ed Eugenio Cau)