LaPresse/Palazzo Chigi/Tiberio Barchielli

C'è una svolta europea sui migranti

Francesco Maselli

Il vertice di Parigi convalida la strategia italiana sull'immigrazione

Roma. Oggi a Parigi i leader di Francia, Italia, Spagna e Germania hanno incontrato i presidenti di Libia, Ciad e Niger alla presenza dell’Alto rappresentate per gli affari esteri dell’Unione europea, Federica Mogherini. L’obiettivo, ha precisato l’Eliseo, che ha organizzato il summit, era “riaffermare il sostegno dell’Europa al Ciad, al Niger e alla Libia per la gestione e il controllo dei flussi migratori”. La filosofia generale del negoziato, ha sottolineato la presidenza francese, è “aiutare i paesi di transito in tre direzioni: il controllo delle loro frontiere con la Libia, il contrasto ai trafficanti di esseri umani e la creazione di postazioni per trattare i dossier dei migranti prima che tentino la traversata infernale”. Il vertice ha permesso quindi di “dare il via a un progetto comune di breve termine”, come ha spiegato Emmanuel Macron in conferenza stampa, che prevede una maggiore cooperazione tra operatori Onu e forze militari per identificare i migranti nel loro paese d’origine, per evitare che il peso ricada solo sui paesi europei di primo approdo, una situazione “insostenibile”, come ha fatto notare Angela Merkel.

  

La partecipazione congiunta dei principali paesi dell’Unione europea segna un notevole cambiamento di prospettiva nella gestione dei flussi migratori: da problema esclusivamente italiano, com’è stato trattato negli ultimi mesi, è diventato un problema europeo, che va gestito quindi con risorse comuni e un’attenzione maggiore. D’altronde, è stato più volte ricordato, nessuno può farcela da solo. La strategia italiana, che prevede la regolamentazione dell’attività di ricerca e soccorso in mare, la stabilizzazione della Libia, e la ricerca di accordi con le tribù locali tramite l’offerta di aiuti economici concreti, ha ricevuto oggi un esplicito appoggio dai partner europei. Ad agosto gli sbarchi nel nostro paese sono diminuiti di oltre il 70 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016; questo anche grazie al diverso approccio portato al ministero dell’Interno da Marco Minniti, che domenica ha siglato un accordo con quattordici sindaci libici per un maggiore controllo dei flussi in cambio di aiuti economici, iniziativa giudicata “molto opportuna” dai partner europei, che hanno lodato l’impegno italiano per la stabilizzazione della Libia.

   

Non era scontato un vertice comune con Angela Merkel, impegnata in campagna elettorale e alle prese con un partito poco incline alla solidarietà europea sull’immigrazione, e con Emmanuel Macron, che aveva dato segnali di voler giocare una partita solitaria sia in Nord Africa sia nel Sahel. La posizione comune sancisce, per la prima volta, la volontà di risolvere un problema con degli investimenti continentali sulla base di una strategia comune. Infine, l’invito del premier libico Fayez al Serraj, da solo, senza l’ingombrante generale Haftar, può essere considerato un altro punto a favore della posizione italiana, che da sempre sostiene il governo di Tripoli.

  

La presenza del Cad e del Niger è rilevante perché i due stati sono necessari al successo della strategia europea: spostare il confine del continente dal Mediterraneo al sud della Libia. Gli europei vorrebbero infatti creare una serie di hotspot in Africa, dei centri appositi dove poter distinguere tra i rifugiati e i famosi migranti economici, che invece devono essere rimpatriati. La proposta iniziale, avanzata dal presidente Macron un mese fa, immaginava la creazione dei centri al sud della Libia. L’Eliseo era stato però costretto alla retromarcia: impossibile gestire strutture del genere in Libia per delle ragioni di sicurezza. L’Europa vuole coinvolgere Ciad e Niger, i paesi che confinano con il sud della Libia e che vedono decine di migliaia di migranti transitare ogni mese sul loro territorio. Interrogati nelle settimane precedenti al summit, i due capi di stato non si erano mostrati entusiasti di una soluzione del genere, per paura di diventare la meta di tutti i migranti africani. L’accordo è dunque complicato, ma non impossibile: il presidente del Niger, Mohammed Issoufu, ha detto alla France Presse che: “La lotta all’immigrazione si fa in due assi: lo sviluppo e la messa in sicurezza del territorio”. In altre parole, gli stati africani vogliono maggiori aiuti, economici e logistici, non solo per gestire l’emergenza contingente, ma anche per offrire prospettive economiche ai propri abitanti. Il Ciad e il Niger sono andati all’Eliseo per portare avanti una sorta di fundraising, come ha spiegato l’analista Jacques Barou alla rivista Atlantico, e sfruttare la propria posizione geografica per ottenere condizioni vantaggiose a fronte dell’impegno chiesto dagli europei. Il modello discusso a Parigi non è nuovo ma ricalca quello già attuato in Turchia: pagare i paesi africani affinché gestiscano da soli i flussi migratori. L’approccio sconta un punto debole: i governi del Ciad e del Niger, per non parlare di al Serraj, non hanno lo stesso controllo capillare esercitato da Erdogan in Turchia. Il rischio è dunque affidarsi a paesi che non hanno una reale capacità di controllare e limitare i flussi. In ogni caso, se l’accordo raggiunto al vertice dovesse funzionare, gli unici a non festeggiare sarebbero i populisti. Dopo aver compreso, grazie al disastro di Marine Le Pen, che l’uscita dall’euro e dall’Unione europea è una strada sicura verso la sconfitta, ai populisti era rimasta solo una carta da giocare: l’invasione. Quale tema gli resta se gli sbarchi tornano alla normalità?

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