La copertina di Charlie Hebdo su Barcellona smaschera il bigottismo dei “Je suis Charlie”

Mauro Zanon

Charlie torna a fare Charlie, a picchiare duro contro tutte le religioni indistintamente, ma chi sghignazzava per le copertine anti-cristiane, anti-ebraiche e anti-lepeniste ora si indigna

Parigi. Sullo sfondo un furgone bianco che si allontana, in primo piano, sulla strada, dei corpi esanimi in un bagno di sangue, e sopra una didascalia: “L’islam religione di pace…eterna”. Charlie Hebdo, il settimanale satirico-umoristico più guastafeste di Francia ha dedicato la sua ultima copertina ai tragici fatti di Barcellona, e ancora una volta ha scatenato polemiche roventi, in ragione dei suoi toni allergici al politicamente corretto.

 

A indignare politici, intellò e il calderone internettiano è stato l’accostamento tra islam e terrorismo, far passare l’idea che quei giovani terroristi che hanno commesso una strage sulla Rambla fossero spinti da motivazioni religiose.

 

Stéphane Le Foll, ex ministro dell’Agricoltura ed ex portavoce della presidenza Hollande, ha dichiarato di non condividere la copertina di Charlie Hebdo, accusando Juin, il vignettista all’origine della copertina, di fare dei “pericolosi amalgami” tra la religione islamica e il terrorismo. “Dire che l’islam nel suo insieme è una religione di ‘pace’, lasciando intendere, di fatto, che è una religione di morte, è estremamente pericoloso”, ha dichiarato Le Foll ai microfoni di Bfm.tv. “Quando si è giornalisti, bisogna avere un senso di responsabilità, perché alcuni possono servirsi di questi amalgami pericolosi. È assai complesso e complicato gestire una società oggigiorno, dobbiamo richiamare tutti al senso di responsabilità. Non avevo vista questa copertina. Non posso dire che la condivido. E a dire il vero, la contesto”.

 

Sulla scia dell’ex ministro socialista, si sono distinti molti giornalisti che improvvisamente hanno dimenticato il principio della libertà d’espressione e sui social network hanno accusato la rivista di “islamofobia”. “La aspettavamo, eccola qui: un’altra piccola copertina di Charlie Hebdo per incitare all’odio anti-musulmano”, ha tuittato Philippe Marlière, opinionista del Guardian e di Mediapart. Alcuni manifestano il loro “disgusto” per la vignetta di Juin, altri reclamano addirittura il ritiro delle copie in edicola, ma sta di fatto che la copertina si iscrive pienamente nella linea editoriale tradizionale del giornale, volutamente cruda e senza edulcorazioni per nessuno. Charlie torna a fare Charlie, a picchiare duro contro tutte le religioni indistintamente, e dunque anche con l’islam, dopo un periodo di reticenza (si legge autocensura) nel trattare Maometto e i suoi fedeli. Ma i “Je suis Charlie” che sghignazzavano per le copertine anti-cristiane, anti-ebraiche e anti-lepeniste ora non lo sono più, e anzi attaccano la rivista satirica che alimenterebbe in questo modo l’odio anti-musulmano. Sono gli stessi che si sono tappati la bocca dinanzi alla censura del testo di Charb, “Lettera ai truffatori dell’islamofobia che fanno il gioco dei razzisti”. Lo spettacolo tratto dal libro, un j’accuse ai benpensanti che hanno etichettato come “islamofobo” il Charlie Hebdo di cui è stato direttore, è stato boicottato a Lille, a Avignone e la scorsa settimana a Lormon, nella Gironda. Motivo? “L’analisi approfondita della rappresentazione non va nella direzione di una trasmissione pacifica della laicità”, ha dichiarato il vicesindaco di Lormon, Stéphane Perey. “Je suis Charlie” a geometria variabile, insomma.

 

Scrive Jack Dion, vicedirettore del settimanale Marianne: “Charb Tignous e gli altri sono nei nostri cuori. Per aver resistito ai jihadisti, ai loro inutili idioti, ai bigotti, ai disfattisti e ai codardi sono stati assassinati. Evitiamo di ucciderli una seconda volta cedendo alla pressione di quelli che sputano sulle loro tombe”.