Il presidente catalano Carles Puigdemont durante la riunione settimanale del governo locale

La prova dell'unità a Barcellona

Eugenio Cau

Quando un paese è politicamente sfilacciato e disfunzionale il terrore ha gioco più facile. La domanda è il modo in cui la città catalana, ferita al cuore, risponderà al terrore

Roma. L’attentato terroristico di Barcellona colpisce una Spagna divisa su più fronti. Il fronte politico, con i partiti bloccati in uno scontro senza dialogo ormai da due anni, e il fronte territoriale: da mesi (verrebbe da dire: da anni) il governo locale di Barcellona è impegnato in un processo separatista che dovrebbe culminare in un referendum unilaterale di divisione della Catalogna dalla Spagna a ottobre. Lo scontro tra il governo centrale di Madrid e il governo autonomo di Barcellona è ai massimi livelli di sempre, e questo ha inficiato le attività di coordinamento su tutti i fronti. Il primo ministro Mariano Rajoy e il governatore catalano Carles Puigdemont quasi non si parlano, le rispettive istituzioni sono ai ferri corti, Madrid ha perfino manovrato con le leggi di bilancio per togliere fondi a ogni attività catalana legata alla celebrazione del referendum.

  

Impossibile dire se lo scontro istituzionale abbia aperto qualche maglia nella rete di protezione spagnola in cui i terroristi hanno potuto infilarsi, ma altri casi europei, come quello del Belgio, mostrano che quando un paese è politicamente sfilacciato e disfunzionale il terrore ha gioco più facile. I terroristi attaccano le ferite di un paese diviso, e per la Spagna adesso la prova è quella di recuperare un qualche tipo di unità. Quella politica sembra già realizzata, almeno su Twitter. Pablo Iglesias, segretario di Podemos, ha parlato di piena collaborazione con l’acerrimo nemico Rajoy: due anni fa, quando il premier istituì con i leader degli altri partiti un comitato antiterrorismo, Iglesias rimase fuori “come osservatore”. Adesso le cose potrebbero cambiare. Rajoy ha anche parlato con Puigdemont, come è normale. La domanda è il modo in cui la città di Barcellona, ferita al cuore, risponderà al terrore. Con coraggio, questo è certo. Ma la storia politica della Spagna è già stata sconvolta dagli attentati. Successe nel 2004, quando la riconferma certa di Aznar alle elezioni fu spazzata via dalle bombe di al Qaida a Madrid. La risposta del governo spagnolo alla sfida del terrore a Barcellona potrebbe avere ricadute che vanno ben oltre la lotta all’estremismo.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.