Operazione di salvataggio di migranti al largo della costa libica (foto LaPresse)

Immigrazione: al cuor si comanda

Claudio Cerasa

Dalla Cei un sì a Minniti. Ora contro l’estremismo umanitario serve l’Europa

Nel corso della giornata di ieri sono arrivate tre notizie importanti che riguardano uno dei dossier politici che negli ultimi mesi ha riscaldato il nostro paese persino più di Lucifero: l’approccio alla gestione dei migranti. La prima notizia, significativa, è che anche all’interno della chiesa, dopo un lungo silenzio, c’è chi ha scelto di ribellarsi con pragmatismo alla fuffa e alla truffa dell’estremismo umanitario. E la voce registrata ieri è una voce importante: quella del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Confederazione episcopale italiana. “Ribadisco – ha detto Bassetti – di fronte alla piaga aberrante della tratta di esseri umani il più netto rifiuto a ogni forma di schiavitù moderna. Ma rivendico con altrettanto vigore la necessità di un’etica della responsabilità e del rispetto della legge. Proprio per difendere l’interesse del più debole, non possiamo correre il rischio – neanche per una pura idealità che si trasforma drammaticamente in ingenuità – di fornire il pretesto, anche se falso, di collaborare con i trafficanti di carne umana”.

 

L’espressione “non trasformare una pura idealità in una ingenuità” è un segno esplicito che anche una parte della chiesa non ha intenzione di coprirsi gli occhi di fronte alla necessità di scegliere se governare il flusso dei migranti o se farci governare da esso. E le parole di Bassetti, che indicano a sorpresa un’apertura di credito della Cei per la linea Minniti, e una volontà dunque di sostenere le leggi dello stato prima ancora delle leggi del cuore, devono essere messe in relazione a due fatti importanti. Il primo è un segnale che arriva dalla Libia e che indica che la strategia scelta dal governo – disincentivare e non più incentivare gli arrivi – sta funzionando.

  

Giovedì il generale Abdelhakim Bouhaliya, comandante della base navale di Tripoli di Abu Sitta, ha detto che la Marina libica vigilerà con ancora più forza le sue acque territoriali e costringerà le Ong non solo a non intervenire nelle acque libiche ma anche a restare a una distanza di centinaia di chilometri dalla costa, per evitare che l’eccessiva vicinanza alla Libia delle organizzazioni non governative possa incentivare le partenze dei migranti. La terza notizia è arrivata dalla Spagna, dove negli ultimi mesi sono raddoppiati gli arrivi di migranti sulle coste. Gli arrivi, ha calcolato il ministro dell’Interno spagnolo, negli ultimi mesi sono aumentati del 104 per cento rispetto al 2016 e questi numeri, complice le molte immagini che ormai quasi quotidianamente arrivano da Ceuta e Melilla, hanno avuto l'effetto di aprire un dibattito importante sui giornali spagnoli.

Marocco, migranti superano le barriere di Ceuta (foto LaPresse)


 

Ieri è stato El Mundo, quotidiano conservatore, a scrivere, con decisione, che “La Ue debe afrontar con urgencia la presión migratoria” e l’editoriale di fondo ha riconosciuto che la pressione è aumentata in Spagna per una ragione semplice: a causa dell'incremento della vigilanza sulle coste libiche e sulle coste italiane. Come El Mundo, due giorni fa, anche Le Monde ha ammesso che il tema della gestione dei migranti non può più essere solo un tema lasciato all'Italia. E a questo punto viene da chiedersi cosa può fare l’Europa per appoggiare la scelta fin qui vincente del nostro paese di governare, senza retorica umanitarista, il flusso dei migranti in Italia?

 

La risposta è semplice: da un lato occorre impegnarsi ad intervenire sulla rotta Mediterranea con la stessa forza con cui si è scelto di intervenire sulla rotta balcanica. Dall’altro lato occorre rivedere con urgenza le regole di Dublino e dimostrare di aver chiaro che i flussi che arrivano oggi dall’Africa sono flussi molto diversi rispetto a quelli registrati nel 1990. Ai tempi la convenzione sulla determinazione dello stato competente per l’esame di una domanda di asilo nacque per far fronte ai fuoriusciti del blocco sovietico. Oggi i flussi sono diversi e la partita vera per governare l'estremismo umanitario – anche per il nostro governo – si gioca partendo proprio da qui. E se su questa partita ci sarà anche il sostegno della Cei sarà certamente un segnale importante.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.