Il generale Khalifa Haftar

Gli ultimi 10 giorni del generale Haftar

Luca Gambardella

Dall'incontro di Parigi con Serraj alle minacce (smentite dal governo Gentiloni) nei confronti delle navi della Marina militare. Un punto della situazione in Libia per capire cosa sta succedendo

Ieri sera, l'emittente panaraba al Arabiya ha scritto che il comandante libico Khalifa Haftar, leader dell'Esercito nazionale che controlla la regione orientale della Libia, ha ordinato di bombardare le navi militari straniere che operano entro le acque territoriali del paese. Nelle ultime ore, il governo di Tripoli guidato da Fayez al Serraj – unico presidente riconosciuto dalla comunità internazionale e rivale di Haftar – aveva annunciato l'arrivo del pattugliatore della Marina Militare italiana, "Comandante Borsini", al largo delle coste libiche. L'intervento degli italiani era stato richiesto nei giorni scorsi in via ufficiale proprio da Serraj, con l'obiettivo di aiutare la Guardia costiera libica nel pattugliamento delle acque territoriali per impedire la partenza dei barconi carichi di migranti e diretti in Italia.

 

La minaccia di Haftar, ex comandante gheddafiano sostenuto da Egitto, Russia ed Emirati arabi uniti, sembra essere confermata da un articolo comparso stamattina, a firma di Lorenzo Cremonesi, sul Corriere della sera. Il giornalista dice di avere avuto un "colloquio" direttamente col generale libico, il quale ha detto: "Noi siamo impegnati in prima linea nella lotta contro il terrorismo. Ci stupisce dunque che un paese amico come l’Italia interferisca tanto indebitamente nelle nostre operazioni. Non posso dunque che confermare che qualsiasi nave militare italiana o di qualsiasi altro paese che entrerà nelle nostre acque senza la nostra autorizzazione verrà bombardata dalle nostre forze".

 

Stamattina, però, il governo italiano ha smentito le minacce di Haftar. Fonti governative anonime, riprese prima dall'agenzia di stampa Agi e poi da molti giornali, hanno definito "inattendibile" e "infondata" la notizia dell'ordine di attacco che avrebbe dato il generale libico. Secondo le stesse fonti, gli italiani sono operativi al largo di Tripoli su precisa richiesta del governo di Tripoli. Inoltre, il nostro paese ha avviato da tempo un'altra missione nel paese nella regione opposta – quella controllata dalla fazione di Haftar – a Misurata (è l'operazione "Ippocrate", dove il personale italiano ha messo in piedi un ospedale da campo per la cura dei feriti libici). Secondo le fonti sentite dall'Agi, l'impegno italiano in aiuto sia di Serraj sia di Haftar è la prova che le minacce del generale libico contro l'Italia sono prive di fondamento.

 

Serraj ha un'autorità molto limitata sul territorio libico e la sua leadership è riconosciuta a malapena nella sola città di Tripoli. L'Italia ha sostenuto Serraj fin dall'inizio del suo mandato, iniziato nel marzo dello corso anno, mentre la Francia – che è l'altro principale attore europeo in Libia – ha assunto una posizione più interlocutoria tra i due leader del paese. Lo scorso 25 luglio, vicino Parigi, il presidente francese Emmanuel Macron ha patrocinato un incontro sulla Libia in cui erano presenti sia Serraj sia Haftar. L'incontro si è concluso con una dichiarazione congiunta in cui le parti si sono impegnate per un cessate il fuoco e per la soluzione della crisi. Il testo dell'intesa, però, non è stato firmato dai due leader (quindi non ha alcun carattere vincolante): non appena rientrati in Libia, Serraj e Haftar hanno ricominciato a scambiarsi accuse reciproche. L'incontro tra i due rivali che contendono l'autorità, tuttavia, ha suscitato molte invidie in Italia, che si considera il principale mediatore nella risoluzione della crisi libica e che, tra l'altro, ha molti interessi economici in gioco nel paese nordafricano. Spesso in concorrenza proprio con i francesi.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.