Presentazione della candidatura di Milano per la nuova sede dell' Agenzia Europea per i medicinali (foto LaPresse)

Peccato che l'assegnazione dell'Ema non sia solo una questione di merito

Paola Peduzzi

L’Ue a caccia di capitali post Brexit si trova in mezzo a molte faide, con i franco-tedeschi in modalità pigliatutto 

Milano. A Lisbona c’è chi ha conservato il volantino “benvenuta Ema”, l’Agenzia europea per il farmaco, perché era colorato e promettente, anche se di fatto una fake news. Lisbona non è più candidata come sede dell’Ema – ieri si sono chiuse le candidature, ci sono 23 città in corsa, piccolo specchio in cui si riflettono pesi politici e ambizioni locali – e al suo posto c’è Oporto, la cittadina del nord simbolo, così recita la versione ufficiale, della volontà dell’Europa post Brexit di premiare anche centri considerati periferici ma dal potenziale ampio. In realtà, a condizionare il cambio in corsa sono state le elezioni politiche, che in Portogallo si terranno il prossimo primo ottobre – altrimenti non si spiegherebbe la charme offensive del premier António Costa, che fino a un paio di settimane fa sosteneva la candidatura di Lisbona con un’argomentazione di sistema piuttosto solida: nella capitale portoghese ci sono già altre due agenzie europee e un centro di ricerca sui farmaci molto rinomato.

   

Con l’arrivo dell’Ema, si sarebbe potuto costituire un polo di formazione con aspirazione di eccellenza. Ma il sindaco di Oporto, il battagliero Rui Moreira, si è ribellato, ha detto che Lisbona ospiterà (forse) già l’Eurovision, che il governo ha smisurate manie di accentramento: poiché i voti del nord contano, e la fedeltà di Moreira pure, Costa ha deciso di dargliela vinta. E così facendo ha dimostrato ancora una volta che questo grandioso assestamento che ci sarà nell’Europa post Brexit a caccia delle sue nuove capitali diventerà l’ennesimo bacino di rivalità inaudite, e non promettenti per l’unità del continente. Tra le 23 candidate per la sede dell’Ema, come si sa, c’è anche Milano, che però viene già descritta dai rivali come poco convincente, in particolare perché ha scelto di destinare all’Agenzia il Pirellone, invece di una sede moderna e creata apposta per i quasi 900 dipendenti dell’Ema. 

   

Politico Europe, che ha pubblicato un lungo articolo su tutte le manovre diplomatiche e urbanistiche attorno alle candidature per l’Ema, ha scritto che lo “storico grattacielo Pirelli” è “iconico e disponibile subito”, ma essendo stato costruito nel 1958 “può sembrare un passo indietro per i dipendenti dell’Ema che sono abituati alla loro sede nuova e moderna a Londra”. Altre città hanno offerto palazzi concepiti esclusivamente per l’Agenzia – in costruzione, con una deadline molto ravvicinata – con anche sedi transitorie se i lavori non dovessero essere conclusi al momento del trasferimento. Ma secondo la maggior parte delle ricostruzioni e dei pettegolezzi, anche questo affare dell’Ema potrebbe essere il frutto di un accordo franco-tedesco – il motore che ha rimesso in carreggiata l’Europa dopo la grande paura Brexit-Trump inizia a suscitare parecchi fastidi, ogni paese ha un motivo in più al giorno per sentirsi escluso.

  

Il patto sarebbe l’Ema a Lille e l’European Banking Authority (Eba) a Francoforte: l’offensiva francese sull’Ema è molto forte, due visite a Londra tra giugno e luglio, e un palazzo che viene presentato come il “Biotope”, un complesso-ecosistema creato ad hoc per i dipendenti di un organismo a vocazione europea. Un altro rumor dice che invece lo scambio franco-tedesco funzionerebbe con una triangolazione con l’est Europa: Parigi sosterrebbe Francoforte per l’Eba e una città dell’est per l’Ema – la più quotata è Bratislava, pare che Budapest non abbia ancora presentato nemmeno il documento completo di candidatura – in cambio del rafforzamento di un’agenzia francese già esistente, l’European Securities and Markets Authority (con buona pace di Lille e del suo ecosistema).

  
La decisione sarà presa a novembre, ma per i prossimi due mesi si valuteranno i requisiti tecnici delle città e circolano già schemi non ufficiali in cui si registrano le visite a Londra, i benefit per i dipendenti delle agenzie e delle loro famiglie e gli incontri organizzati per caldeggiare la propria candidatura (la Danimarca è avantissimo, ha incontrato delegazioni di tutti i paesi dell’Ue). Il Consiglio europeo ripete che non ci sono accordi politici in corso, sarà una valutazione tecnica alla luce del sole, ma le attività di lobbying sono molte e una fonte diplomatica ha detto di recente al Foglio che ci saranno parecchi dispetti: Milano tecnicamente è posizionata benissimo, è un peccato che ci saranno più manovre politiche che una rassicurante, trasparente valutazione di merito.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi