Nell'ultima querelle sull'"impostore" Bhl c'è la faida (insanabile) tra due sinistre

Mauro Zanon

Bernard Henri-Levy, l'intellò con la camicia bianca e il Monde diplomatique

Parigi. A mettere un po’ di pepe in un luglio parigino altrimenti monocolore, dominato dall’iperpresidenza di Emmanuel Macron, ci ha pensato il Monde diplomatique, celebre periodico francese di opinione fondato nel 1954 da Hubert Beuve-Méry, che qualche giorno fa ha pubblicato un dossier intitolato: “L’imposture Bhl”. Bhl è l’acronimo di Bernard Henri-Levy il filosofo più mondano e chiacchierato di Francia, inseparabile dalla sua camicia bianca aperta sul petto e onnipresente, con la sua capigliatura argentea, nei rotocalchi di gossip, quando il suo volto e la sua firma non appaiono sulle pagine di opinione di qualche settimanale o quotidiano per commentare l’attualità. Alla logorrea béachellienne e alle sue “fanfaronate”, come le definì qualche anno fa Jean-Pierre Chevènement, il Diplo ha deciso di consacrare un’intera sezione della sua versione online, mettendo in libero accesso gran parte degli articoli scritti negli anni sul nouveau philosphe. Obiettivo? Denunciare l’eccessiva clemenza, per usare un eufemismo, dell’establishment letterario parigino nei confronti di Bhl, principale sponsor e sostenitore della “guerra giusta” in Libia contro Gheddafi e delle varie primavere arabe. “Ogni opera di questo autore suscita un diluvio di articoli ammirati che presentano le sue riflessioni o analisi come folgoranti trasgressioni dell’ideologia dominante. Di conseguenza, invece di obbligarci a commentare ogni anno questo inverosimile baccano che ha per merito quello di ricordare a intervalli regolari il carattere mafioso della critica ‘letteraria’ in Francia, ‘Le Monde diplomatique’ ha preparato un dossier… in costruzione”, si legge sul sito. Il periodico francese, noto per le sue posizioni antiliberiste e antiamericane, definisce il philosophe come un “personaggio relativamente accessorio”, la cui ubiquità mediatica e sugli scenari di guerra nei panni dell’umanitarista engagé gli ha tuttavia conferito un certo valore simbolico. Il suo gettarsi in ogni causa, protesta, primavera araba o ribellione droitdelhommiste fa storcere il naso a mezza Francia – come quando si presentò a una soirée a Saint-Germain-des-Près accanto ai peshmerga curdi, girandoci un documentario – ma trova anche molti sostenitori adoranti nel mondo letterario. Un sistema “mafioso”, come lo ha definito duramente il Monde diplomatique.

 

La risposta di Bhl alle accuse pesanti del Diplo è arrivata presto con un articolo al vetriolo, pubblicato sul Point, attorno alla “miseria e il disonore del ‘Monde diplomatique’”. Dopo aver precisato che non perderà tempo a rettificare “la sbalorditiva quantità di false informazioni, sciocchezze e piccoli calunnie che formano questo florilegio monomaniaco”, lo scrittore-attivista, che sul Diplo pubblicò nel lontano 1975 uno dei suoi primi testi, attacca la linea editoriale del periodico che di “rispettabile” ha soltanto “il ricordo dei suoi lontani fondatori”. Quale autorevolezza dare, lascia intendere Bhl, a un mensile che considera Tariq Ramadan un intellettuale di riferimento, che fa scrivere all’“antisemita” Paul-Eric Blanrue che la Francia, dopo la presidenza di Nicolas Sarkozy, è diventata un “paese sionista”, e che ha esaltato il regime venezuelano, versione Chávez e versione Maduro? E’ la risposta piccata di un intellò narciso che fatica ad accettare le critiche, ma anche lo scontro di due visioni della sinistra rispetto al mondo e alla politica estera, molto profondo e ormai globale: quella del Diplo è anticapitalista, radicale e affascinata dalla izquierda guevarista sudamericana; l’altra è liberal, interventista e atlantista. Lo scontro è insanabile, in Francia come in gran parte dell’occidente.

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