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Chi ci guadagna (e cosa) dalle chiacchiere di Trump con Putin

Paola Peduzzi

Il presidente non è contento di come i suoi (soprattutto Sessions) gestiscono l'affaire russo. L'addestramento sospeso in Siria

Milano. Donald Trump non è affatto contento di come i suoi uomini stanno gestendo la questione russa, se l’è presa con Jeff Sessions, segretario alla Giustizia, che si è ricusato dall’inchiesta sulla Russia – “non avrebbe mai dovuto farlo”, ha detto Trump al New York Times, “e avrebbe dovuto dirmelo che aveva intenzione di farlo, avrei scelto un altro al suo posto” – e se l’è presa anche con Bob Mueller, che guida la famigerata inchiesta, perché originariamente si era fatto intervistare per il posto di capo dell’Fbi (“voleva quell’incarico”) e poi ha allargato la sua indagine alle finanze trumpiane, andando secondo il presidente oltre il suo mandato (“non ho fatto nulla di sbagliato. Non c’era bisogno di un procuratore speciale in questo caso”). La settimana prossima sono previste le audizioni al Congresso dei familiari, il genero Jared Kushner lunedì a porte chiuse, il figlio Donald jr pubblicamente mercoledì, come anche l’ex capo della campagna elettorale Paul Manafort, e una fonte della Casa Bianca ha detto a Mike Allen di Axios che questi giorni sono “come quando aspetti che il sassolino passi dal rene”, il dolore di una colica. Trump non si mostra per nulla preoccupato, ha raccontato come è andato il suo incontro informale con Vladimir Putin alla cena del G20, liquidandolo come una chiacchiera di cortesia, in cui però hanno parlato di “adozioni”. La precisazione porta dritti all’incontro che Donald jr ha sciaguratamente organizzato con alcuni russi nel giugno dello scorso anno: il figlio cercava informazioni anti Clinton da regalare al padre, gli interlocutori (pare) volevano invece garanzie sulla possibilità di ribaltare il Magnitsky Act, la legge americana che sanziona 44 personalità russe coinvolte nell’uccisione in carcere dell’avvocato russo Sergei Magnitsky (per i russi è morto d’infarto). Come rappresaglia, la Russia vietò l’adozione di bambini russi da parte di famiglie americane – da cui la chiacchiera sulle adozioni, che in realtà riguarda una contesa grande tra l’America e la Russia, su cui Mosca si aspetta un’apertura (così come si aspetta che vengano riconsegnati i compound sequestrati dagli americani alla fine dello scorso anno in seguito alle sanzioni last-minute introdotte dall’Amministrazione Obama).

  

Il dibattito sulle relazioni tra Trump e Putin sembra eterno, anzi è eterno, ma quel che più conta è capire che genere di scambio c’è alla base di questo rapporto – se c’è. Nelle ultime settimane, mentre scoppiava il caso di Donald jr e di quell’incontro dai contorni non trasparentissimi, molti media hanno pubblicato resoconti sull’insofferenza russa nei confronti dell’Amministrazione Trump, come se non arrivasse mai un vantaggio concreto da questo continuo chiacchierare e presupporre. Poi due sere fa è arrivata una notizia dall’alto valore simbolico, che ha fatto dire agli esperti: ecco, uno scambio allora c’è. L’Amministrazione Trump ha annunciato la sospensione del programma della Cia di addestramento dei ribelli siriani in chiave anti Assad. Il programma era già molto debole, ed è per questo che si parla di simboli più che di conseguenze effettive sull’andamento della guerra siriana (anche se alcuni ribelli coinvolti nell’addestramento hanno detto a Mike Giglio di Buzzfeed di non essere stati informati, e di aver saputo la notizia dai media). “Putin ha vinto in Siria”, ha detto un funzionario americano al Washington Post che ha pubblicato per primo la comunicazione. L’Associated Press ha raccontato che la politica di Trump nei confronti della Russia preoccupa il Consiglio per la Sicurezza nazionale, guidato dal generale McMaster che ripete sempre: non ci si può fidare di Putin. Il senatore repubblicano Lindsey Graham ha tuittato: “Se è vero, temo che questa politica finirà per regalare un’altra capitale araba – Damasco – all’Iran”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi