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Il Gop uccide la sua riforma della sanità. "Rischiamo di sembrare 'stupidi'"

Paola Peduzzi

I repubblicani senza i numeri al Senato tentano un piano B che già pare fallito: intanto si revoca l'Obamacare, poi si vede. Trump e la delusione

Milano. L’Obamacare non si riesce a rimpiazzare con una controriforma, i repubblicani non hanno voti a sufficienza, e allora proviamo così: ora lo revochiamo e in due anni confezioniamo una nuova riforma sanitaria. E’ il cosiddetto approccio “repeal-and-delay”, ed era già stato scartato in passato: è rischioso politicamente – i più moderati non vogliono votare al buio – e la revoca crea un’instabilità sul mercato delle assicurazioni sanitarie considerata pericolosa e costosissima. Ma alternative, in assenza di proposte di sostanza unificanti, non ce ne sono e così il capo della maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, ha dovuto ripiegare sul piano B meno accattivante, nel momento in cui ha intercettato il fallimento in arrivo con la defezione di altri due senatori nel pomeriggio di lunedì. Il presidente, Donald Trump, ha detto: “lasciamo fallire l’Obamacare”, così poi anche i democratici saranno costretti a porsi il problema di trovare una controriforma adeguata. Il guaio è che anche questa scorciatoia non porta da nessuna parte, molti senatori non vogliono adeguarsi nemmeno al piano B . Trump è “deluso”, dice “stay tuned” come se questo fosse un programma tv a puntate, ma parlando con i senatori repubblicani lunedì sera ha precisato: rischiamo di fare una figura terribile, o come ha scritto in modo più specifico Tara Palmieri di Politico, “il partito sembrerebbe ‘stupido’ se non riuscisse a far passare un ‘repeal’ oggi che era già stato approvato nel 2015”. E il capo del partito stupido è, appunto, Trump.

  

La controriforma della sanità ha scandito gli ultimi sei anni della politica americana, ma con l’arrivo del presidente Trump – sono ormai sei mesi che è alla Casa Bianca, sondaggi e bilanci sono catastrofici, ma va ricordato che lo sono da sempre, lo erano anche un anno fa, durante la convention repubblicana meno-pop-del-secolo: eppure – è diventata una prova di forza, e di sopravvivenza. Nel 2015, i repubblicani riuscirono a far passare un “repeal”, su cui Obama pose il veto presidenziale. Quando i repubblicani conquistarono Congresso e Casa Bianca nel novembre del 2016, uno dei temi dominanti delle campagne di deputati, senatori e governatori fu proprio la promessa di demolire l’Obamacare e di far passare qualcosa di diverso in sua sostituzione. Appena sono iniziati i lavori della nuova legislatura, è stato messo insieme un piano alternativo alla riforma che però ha da subito incontrato grandi problemi di consenso – tormenti tecnici, ancor più tormenti politici: i repubblicani ancora non sanno come comportarsi con Trump, cercano una visione complessiva, si arenano a ogni tweet di troppo – e anche l’American Health Care Act infine passato alla Camera a maggio, con giubilo presidenziale, resta parecchio impopolare (e lascerebbe 23 milioni di americani senza copertura sanitaria). Il Senato ha iniziato a discutere il Better Care Reconciliation Act a giugno, ma nonostante il lavorio costante di McConnell, che ha anche allungato i lavori estivi del Senato fino a metà agosto per avere maggior tempo a disposizione, l’accordo non è stato trovato.

 

Si riparte da qui. Il testo su cui si è lavorato al Senato secondo un sondaggio ha il consenso del 17 per cento tra il pubblico americano: è difficile immaginare che i senatori, soprattutto quelli che hanno le mid-terms da affrontare l’anno prossimo, vogliano spendersi troppo per una controriforma tanto impopolare. Tutto può accadere, anche il testo alla Camera è stato bocciato a marzo ed è poi stato approvato a maggio, ma molti senatori si lamentano del fatto che Trump non si sia mai esposto con una visione, una filosofia sulla controriforma, al di là dei complicati dettagli. Ancora una volta i repubblicani si ritrovano di fronte a un bivio: devono revocare l’Obamacare come chiedono il loro presidente e il loro elettorato, senza avere un’argomentazione valida su una nuova proposta. Questa è la condanna del trumpismo, e sembrare stupidi è quasi il minore dei mali.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi