Chun Hye-sung

I dissidenti nordcoreani che a volte ritornano

Giulia Pompili

Rapita oppure no, Chun Hye-sung che torna “nella madrepatria” è un problema 

Roma. A volte ritornano. Ed è la più grande sconfitta per il sistema di “ri-rieducazione” sudcoreano, l’enorme macchina che si occupa del recupero di chi scappa dalla Corea del nord. Chun Hye-sung era fuggita dal regime nel gennaio del 2014. In Corea del sud, come succede spesso, aveva voluto un nuovo nome, per la sua nuova vita. Si faceva chiamare Lim Ji-hyun. Superati i due passaggi obbligatori per i nordcoreani che varcano il confine del 38° parallelo – il debriefing con l’intelligence e il periodo nell’hanawon, ovvero il luogo in cui il governo di Seul si occupa di reinserire i nordcoreani nella società moderna, e gli insegna a parlare il coreano corrente, a fare un’operazione online, e a mostrargli la realtà per quella che è, depurata dalla propaganda di Pyongyang – a quel punto Hye-sung era pronta a trasformarsi in Ji-hyun.

   

In Corea del sud esistono vari programmi televisivi dedicati ai nordcoreani che sono passati al Sud (non si possono definire profughi, perché tecnicamente Seul li riconosce automaticamente come cittadini, e nemmeno “defector”, il cui significato è vagamente dispregiativo). Il più famoso è “Now on My Way to Meet You” prodotto da Channel4 sin dal 2012, una specie di talent show dove i nordcoreani fanno cose e raccontano storie. Ma dato il successo di Channel 4, negli ultimi anni sono stati fatti dating show, adventure game, tutti format che mettono al centro nordcoreani e sudcoreani. E molti dei partecipanti alle trasmissioni hanno avuto successo al di fuori, come Park Yeonmi, autrice del libro “La mia lotta per la libertà”, la cui testimonianza, però, è stata spesso definita “controversa” per le contraddizioni e i dettagli falsati che proponeva. Perché è questo il problema con i nordcoreani che scappano: quello che viene detto loro durante il periodo di “ri-rieducazione” è impossibile saperlo. Si sa, però, che molte ragazze – il numero di donne che scappano dalla Corea del nord è di gran lunga superiore a quello degli uomini – decidono di partecipare ai programmi televisivi come trampolino di lancio per una vita da star. E se per far questo bisogna un po’ calcare la mano sui dettagli, poco importa. Qualche mese fa sul magazine del Monde era stato pubblicato un lungo articolo di Harold Thibault proprio sullo “sfruttamento” dei nordcoreani, pagati a gettone per le presenze agli show, che venivano “ridicolizzati” per il divertimento dei cittadini del sud.

   

Lim Ji-hyun aveva partecipato almeno tre volte a “Moranbong Club” sulla tv Chosun. Era uno di quei volti riconoscibili. Due giorni fa, però, il suo volto era molto meno truccato e in una mise ben più austera. Lim Ji-hyun è tornata a essere Chun Hye-sung ed è apparsa sul sito di news nordcoreano Uriminzokkiri. Nel video sembra rispondere alle domande di un’intervista, e dice di essere scappata dalla Corea del sud, “un luogo che non è come immaginavo”. Dice di essere tornata in Corea del nord un mese fa a Munbong-dong, nella provincia di Pyongyang del sud, con i suoi genitori. Ma in molti, sui social network sudcoreani, pensano sia stata rapita durante un viaggio in Cina. Intanto il suo fan club online è stato chiuso. L’ultimo messaggio, secondo il Joongang daily, è dell’aprile scorso, quando ringraziava per gli auguri di compleanno.

    

Non è la prima volta che una nordcoreana, che è riuscita a scappare e raggiungere il Sud, dopo qualche tempo abbia deciso di tornare “nella madrepatria”: succede per un difetto di adattamento, ma la maggior parte delle volte per il sistema ricattatorio del regime di Pyongyang, che quando scopre “il tradimento, la defezione”, esercita ritorsioni nei confronti dei parenti. E poi c’è il rimorso, un sentimento impossibile da analizzare. Il ritorno al Nord, solitamente, è salutato dalla propaganda nordcoreana con grande enfasi. “Volevo fare l’attrice. Durante le apparizioni alla tv sudcoreana eravamo costretti a dire bugie sulla Corea del nord”, dice nel video Hye-sung. Seul nega che ci siano stati mai allontanamenti volontari da parte di nordcoreani ormai stabilmente residenti al Sud. C’è stato in passato soltanto l’episodio di Kim Ryen-hi, che nel 2015 domandò al governo di tornare a Pyongyang, distrutta dalla nostalgia della sua famiglia, ma a quel punto era troppo tardi: lei, cittadina sudcoreana, al Nord non ci poteva andare – oggi il suo ritorno in Corea del nord è una delle condizioni poste da Pyongyang per i colloqui militari a Panmunjom proposti ieri ufficialmente dal presidente sudcoreano Moon Jae-in insieme con la riunione delle famiglie divise dalla guerra, che non avviene da due anni.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.