Gli scienziati americani litigano sul futuro energetico del paese

Maria Carla Sicilia

Cosa non tiene in considerazione chi immagina l'energia degli Stati Uniti prodotta solo da acqua, vento e sole (e perché è meglio non alimentare false prospettive) 

Esiste una scienza ideologizzata? Viene da chiederselo leggendo le posizioni contrastanti espresse da alcuni studi accademici americani sulla decarbonizzazione degli Stati Uniti. Ventuno scienziati di diversi istituti, tra cui l’università di Berkeley e la Columbia, hanno pubblicato un paper che fa letteralmente a pezzi il lavoro di un altro scienziato, accusato di aver scritto un documento pieno di errori scientifici con il solo scopo di sostenere che l'America può raggiungere un mix energetico 100 per cento rinnovabile al 2055. Per avere un'idea dell'ambizione di questa previsione, basta guardare ai dati dell'Energy Information Administration (Eia): nel 2016 gli Stati Uniti hanno prodotto il 6,5 per cento della propria elettricità dall'idroelettrico, il 5,6 per cento dall'eolico e lo 0,9 per cento dal fotovoltaico.

   

Mark Jacobson è un professore di Stanford, climatologo molto impegnato sul tema della transizione energetica e dell'integrazione delle energie rinnovabili. Famoso nel mondo ambientalista e tra i politici altrettanto impegnati sugli stessi argomenti. Un amico di Leonardo Di Caprio e di Bernie Sanders. “Il documento di Jacobson è diventato una bibbia delle energie alternative – scrive Forbes – ed è il riferimento più utilizzato in materia dai politici e dai gruppi di attivisti. E questo è spaventoso. Un'altra ideologia mascherata come scienza”. Nel 2015 il professore ha pubblicato un paper in cui sostiene che la totale decarbonizzazione dell'economia americana si può raggiungere fin dal 2055 attraverso il solo uso di fotovoltaico, eolico e idroelettrico (con una punta di geotermia, appena l'1,5 per cento). Soprattutto, sostiene Jacobson, questo obiettivo è raggiungibile a un costo inferiore rispetto a qualunque altro mix di energie alternative e anzi, il costo sociale della transizione sarà più basso che mantenendo l'uso di combustibili fossili. Il paper, scritto in collaborazione con Mark Delucchi, ingegnere di ricerca presso l'University of California, ha persino vinto il Premio Cozzarelli, assegnato ai migliori lavori scientifici ogni anno dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti.

  

L'attacco, piuttosto pesante, che oggi ventuno autori muovono contro Jacobson, è che la ricerca usa “modelli non validi, contiene errori e fa ipotesi non plausibili o inadeguatamente supportate”. Questi errori rendono il paper “inaffidabile sulle previsioni di costi, sostenibilità tecnica e fattibilità”, offrendo previsioni sbagliate su cui molti decisori politici hanno costruito programmi energetici. Come è possibile tutto questo? L’indagine, secondo gli esperti, non sarebbe stata sottoposta a revisione scientifica, la cosiddetta peer review, che garantisce la pubblicazione di ricerche veritiere, e non di fake news. “Abbiamo pensato che dovevamo scrivere un documento di revisione (a quello di Jacobson, ndr) per evidenziare alcuni errori e creare una discussione più ampia su ciò che serve davvero per combattere il cambiamento climatico", ha dichiarato Christopher Clack, primo firmatario del contro-paper e fondatore della società Vibrant Clean, che studia come raggiungere una transizione intelligente dei sistemi elettrici verso fonti pulite. Non proprio una figura interessata a difendere le fonti fossili.

   

Tra gli errori messi in evidenza, uno riguarda la previsione di aumentare la produzione di energia idroelettrica quindici volte quanto se ne produce oggi. Una quantità che non può essere raggiunta senza infrangere le condizioni che lo stesso Jacobson pone, cioè occupare più suolo, prelevare più acqua e aumentare la dimensione delle dighe. Nello stesso tempo, secondo gli scienziati che hanno criticato Jacobson, il suo lavoro sottovaluta il problema dell'accumulo di energia, visto che eolico e fotovoltaico dipendono dal sole e dal vento e non sono programmabili, e sottovaluta anche il consumo di suolo necessario per installare pale eoliche e pannelli solari. “Non è in discussione che sia teoricamente possibile costruire un sistema energetico che esclude le biomasse, il nucleare e le fonti fossili – scrivono i ventuno esperti – ma servono risorse illimitate, una rete di trasmissione estesa e una enorme capacità di storage”. Insomma, la transizione non sarà semplice ed economica come sostiene Jacobson e anzi, sottolineano gli scienziati, “è importante che la portata della sfida nel mondo reale sia precisamente definita e chiaramente comunicata”.