Sylvie Goulard con Emmanuel Macron (foto LaPresse)

Contro il mito della trasparenza

Giuliano Ferrara

Il caso Goulard e il moralismo che porta alla dittatura dei mediocri

Il mito della trasparenza assoluta è una boiata pazzesca. Sylvie Goulard è persona dotata di un vero pensiero politico e di tutte le competenze necessarie all’arte di dirigere lo stato. E’ stata con pochi altri nel cuore dell’operazione politica più rilevante e seria degli ultimi decenni, cioè la campagna apertamente e orgogliosamente europeista che ha portato Emmanuel Macron a capo della Francia vincendo in un anno, con modi argomentati ed efficaci oltre ogni previsione, tutte le elezioni, presidenziali e politiche, in cui si opponevano realismo e progetto contro grandiloquenza etnicizzante e nazionalista. Goulard è una tecnica e politica che ci crede. La sua posizione in materia di cooperazione franco-tedesca è l’opposto di una improvvisazione, è scienza della politica combinata con le virtù di una visione. Ancorata al centro, aperta alle collaborazioni trasversali utili, la titolare dimissionaria della Difesa nel governo di Edouard Philippe ha rinunciato alla carica nel quadro di un grottesco e anche sordido contesto di repulisti etico che affligge il Parlamento europeo e in genere le istituzioni statuali al tempo d’oggi. L’accusa è risibile: consiste nell’aver impiegato funzionari pagati dal Pe nel lavoro politico da Parigi invece che da Bruxelles. La trasparenza assoluta, questo mostriciattolo demagogico, non fa distinzioni tra assunzioni di mogli e figli per fare niente oltre che riscuotere (caso Fillon), trasformazione di ruoli politici in funzioni di autista e guardia del corpo (caso Le Pen), e normalissima messa di funzionari politici europei al servizio di una politica appunto europeista, che i parlamentari utilmente e legittimamente praticano a Parigi come a Bruxelles (e meglio a Parigi, in questo caso, che a Bruxelles).

 

  

Non è solo questione di buona fede. La Goulard l’ha rivendicata, e il suo profilo e curriculum personale la convalidano. E’ questione di organizzazione della politica come professione, di staff attrezzati che devono poter lavorare con la necessaria duttilità nelle grandi capitali europee, sotto la guida competente di persone responsabili che hanno un’idea di buon profilo delle occorrenze e necessità del lavoro istituzionale. La Signorina Trasparenza queste cose non le sa, non le vuole sapere. E fa ingenti danni al modo di essere e di funzionare della politica in nome di una generica e pettegola invidia sociale, gettando in pasto all’opinione ossicini di rigore da sgranocchiare in panciolle, senza darsi pensiero delle conseguenze. Così la trasparenza diventa un meschino mito moralistico, una moralina fastidiosa e irriflessa capace solo di sporcificare cose pulite e di rilevante interesse pubblico, mescolando beghe di partito e automatismi dei media in un piccolo universo delatorio e punitivo completamente insensato.

 

Si è già notato, questa volta a proposito di casi di finanziamento fortemente irregolare e illegale della politica, che la truppa d’assalto dei trasparentini ha fatto fuori figure torreggianti della politica come Kohl o Craxi, e Mitterrand si è salvato per un pelo, perché era il più furbo di tutti e solo per quello. La primeggiante dittatura di mediocri con le carte in regola è il risultato del finto repulisti e delle campagne onestiste che sono in voga da alcuni anni. E’ il contrario dell’etica weberiana della responsabilità, questa etica bastarda delle intenzioni: fa’ quel che devi, cioè una boiata pazzesca ma trasparente, e al diavolo le conseguenze.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.