Se chiunque può scrivere fake news, il sensazionalismo ci verrà a noia?

Eugenio Cau

Macron, Sputnik, le bufale e il mainstream

Roma. Ci vuole coraggio a fare quello che ha fatto il presidente francese, Emmanuel Macron, e dire in faccia a Vladimir Putin che i due principali vettori dell’ideologia putiniana nel mondo, i network televisivi e digitali Rt e Sputnik, sono strumenti di “propaganda e falsa propaganda”. Macron è da sempre durissimo con i media vicini al Cremlino, che hanno tentato in molti modi, nel corso dell’ultima campagna elettorale, di influenzare il voto francese diffondendo rumors infondati e falsità create ad arte – la più celebre individuava in Macron il candidato di una oscura “lobby gay”, di cui lo stesso Macron sarebbe stato membro. La vittoria del candidato liberale sembra aver dimostrato al mondo l’efficacia della prima e più semplice tecnica di difesa contro le bufale: smentire, sbugiardare, innalzare un muro tra la verità e i contaballe, se necessario limitare l’accesso ai media propalatori di falsità – cosa che effettivamente la campagna di Macron ha fatto, vietando ai giornalisti russi accrediti e ingressi agli eventi elettorali.

Ma in Francia la potenza di fuoco delle pagine populiste e bufalare è stata tutto sommato contenuta, ed è per questo che la strategia di Macron ha avuto buon successo. L’America è su tutt’altro livello. Buzzfeed ha raccontato questa settimana dell’esistenza dei cosiddetti siti “prank news”, dove chiunque può creare il proprio sito di fake news in pochi minuti. Si inserisce un titolo, un testo e una foto e il servizio crea una pagina che sembra la home di un sito di notizie. L’intento sarebbe quello di diffondere notizie scherzose in un formato che sembra quello di un sito di informazione, ma il risultato è stato quello di mettere le fake news alla portata di chiunque. Anche un bambino che non ha alcuna conoscenza tecnica può costruire una pagina di fake news da diffondere su scala industriale. Con uno strumento così, i danni sono immediati: decine di ristoranti in America sono stati accusati di servire carne umana ai clienti (!). Sono uscite notizie su squali giganti in fiumi d’acqua dolce, su catene di fast food che impanano il pollo con la cocaina, e così via. Al contrario delle fake news professionali, le fake news amatoriali rinunciano a ogni tentativo di apparire credibili: ogni notizia fantasiosa e impossibile è degna di essere pubblicata, ed è qui, forse, che il sistema perfetto che unisce fake news e viralità mostra un punto debole.

  

Per ora, ciascuna delle folli bufale amatoriali ha centinaia di migliaia di like e condivisioni su Facebook. Ma se in precedenza l’ecosistema delle bufale si serviva di operatori smaliziati che conoscevano i limiti entro cui spingersi e sapevano dosare verità e bugia in modo da rendersi abbastanza credibili, adesso che le bufale sono alla portata di tutti viene da chiedersi: e se le fake news morissero di mainstream? L’ipotesi è questa: se l’effluvio di bufale non sofisticate – dunque eccessive e inverosimili come quella di ristoranti che servono carne umana – dovesse intensificarsi fino a diventare insostenibile, esiste la possibilità che alla fine anche i lettori più ingenui si immunizzino. Che passando di bufala in bufala inizino a comprenderne la natura esagerata e ingannevole. Quante notizie sul pollo alla cocaina bisogna leggere e condividere prima di iniziare a sospettare che forse non sono vere – o meglio: prima di arrivare all’assuefazione e alla noia per il sensazionalismo fine a se stesso?

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.