Soldati americani nel distretto di Achin, provincia di Nangarhar (foto LaPresse)

La Superbomba ha aiutato a uccidere il capo dell'Isis in Afghanistan?

Enrico Cicchetti

Gli Stati Uniti confermano la morte di Abdul Hasib e altri 35 generali del gruppo jihadista. Così la "madre di tutte le bombe" può essere stata l'esca perfetta

L’esercito americano ha confermato nella tarda serata di ieri la morte di Abdul Hasib, capo dello Stato islamico in Afghanistan, nel corso di un’operazione militare condotta a fine aprile dalle forze speciali afghane con l'appoggio di commando americani, nella provincia orientale di Nangarhar, al confine con il Pakistan. Insieme ad Hasib sarebbero stati uccisi "diversi altri leader di alto profilo dell'Is" oltre a 35 combattenti del gruppo. La notizia della morte di Hasib era stata già annunciata dalla presidenza afghana. Il 27 aprile scorso un portavoce del Pentagono aveva anticipato la notizia ma aveva chiarito: "Crediamo di avere ucciso Abdul Hasib, ma abbiamo aperto un’inchiesta per esserne certi". L'operazione è durata tre ore, in un terreno montuoso molto ostile ed è costata la vita a due soldati americani.

La zona del Nangarhar dove è morto Hasib è la stessa sulla quale, il 13 aprile, l'esercito americano aveva sganciato la bomba Moab (una sigla che significa “Massive ordnance air blast”, ribattezzata mother of all bombs, la madre di tutte le bombe) un'area nella quale i miliziani si nascondono in un intricato sistema di tunnel e caverne. Nell’operazione sarebbero morti più di 90 miliziani dello Stato islamico. Nei giorni scorsi un’inchiesta di analisti indipendenti aveva messo in dubbio l'efficacia della bomba, che avrebbe inflitto meno danni di quanto riportato. Il portavoce militare degli Stati Uniti a Kabul, il capitano William Salvin, ha però ribadito lo "specifico scopo tattico sul campo di battaglia" della Moab. Con la conferma della morte di Hasib e di altri leader del gruppo jihadista si può intuire che l’impiego dell’ordigno potrebbe invece essere stato il preludio alla successiva operazione per eliminare i vertici dello Stato islamico in Afghanistan: come in una sorta di “pesca con la dinamite”, il lancio della Moab avrebbe creato il panico in una vasta area sotto il controllo dei miliziani islamisti, che avrebbero dovuto lasciare alcuni nascondigli, riorganizzarsi e mettersi in contatto fra loro. Momenti di concitazione in cui si abbassa la guardia e dei quali possono aver approfittato i servizi americani per localizzare Abdul Hasib e gli altri generali.

Lo Stato islamico aveva creato ufficialmente la propria costola responsabile per Afghanistan e Pakistan (Wilayat Khorasan) nel gennaio 2015 ed era riuscito a prendere il controllo di larghe porzioni delle province di Nangarhar e Kunar, vicino al confine pakistano, benché il suo ruolo nel conflitto sia stato spesso messo in ombra dalle azioni dei talebani. A capo della Wilayat Khorasan era il pakistano Hafiz Saeed Khan, fino alla sua uccisione da parte di un drone americano lo scorso anno. Khan è stato poi sostituito appunto da Hasib, ritenuto responsabile di una serie di sanguinosi attacchi tra cui quello all'ospedale militare di Kabul, che l'8 marzo scorso fece 49 morti e 76 feriti: travestiti da medici, i terroristi erano riusciti a introdursi nella struttura lanciando granate nei reparti. Per il generale John Nicholson, comandante delle forze americane in Afghanistan, "l'operazione congiunta” in cui è stato ucciso Hasib “rappresenta un altro passo avanti nella nostra campagna" contro lo Stato Islamico nel paese.