Matteo Renzi (foto LaPresse)

Quel bivio davanti a Renzi se si rinsalda il motore Merkel-Macron

David Carretta

Oggi si chiude la campagna delle primarie del Pd a Bruxelles. Una fonte ci racconta il pericolo di un Orban di sinistra

Bruxelles. Mentre Matteo Renzi si prepara a chiudere la campagna delle primarie del Pd andando a Bruxelles a picconare un altro po’ l’Unione europea, i suoi piani sul ruolo dell’Italia in Europa rischiano di essere messi in discussione dalla possibile elezione di Emmanuel Macron. Lungi dal “far da traino a Renzi”, una vittoria di Macron “ci spingerà a scegliere sui conti pubblici e sul rapporto con l’Ue tra l’orbanismo di sinistra e l’agenda Draghi-Napolitano”, confida al Foglio un responsabile governativo. Perché aldilà delle molte somiglianze – giovane età, spirito rottamatore, volontà riformatrice – Renzi e Macron si trovano su posizioni diverse su tre questioni chiave che definiranno il futuro dell’Ue: il rispetto delle regole di bilancio, la difesa dell’Europa anche così com’è e il rapporto con la Germania. “Macron non ha mai criticato l’Ue, ha sempre mostrato rispetto verso Bruxelles e non ha mai usato la parola flessibilità”, ha sintetizzato l’europarlamentare Sylvie Goulard, che insieme a Daniel Cohn-Bendit ha forgiato la visione europeista del candidato di En Marche!. Per contro, nella enews di mercoledì con cui ha annunciato l’incontro di chiusura delle primarie a Bruxelles, Renzi ha riaffermato la linea “Europa sì, ma non così”.

 

Il biennio 2017-2018 è quello del grande “reset” elettorale, superato il quale in molti si aspettano la riapertura del cantiere istituzionale europeo. A Bruxelles e Berlino la convinzione è che Macron all’Eliseo permetterà di riaccendere il motore franco-tedesco che serve a far girare l’Ue. Angela Merkel non solo ha accolto il candidato di En Marche! alla cancelleria, ma ha fatto un’inusuale dichiarazione di voto dopo il primo turno. Macron ha detto che la sua priorità è lavorare con la Germania. Nel suo programma, spiega di voler “cambiare l’Europa” perché deve proteggere di più e affrontare le grandi sfide di Cina, Russia e Stati Uniti di Trump. Ma la premessa è “mantenere la parola”, “rimettere l’economia francese in movimento”, “gestire meglio le nostre finanze pubbliche”. Tradotto: per convincere Berlino è necessario restaurare la fiducia iniziando a riformare la Francia e difendendo l’Ue dall’aggressione populista. La sezione del programma di Macron sul futuro della zona euro combacia con la visione tedesca: serve “un bilancio per la zona euro” per fare investimenti, fornire assistenza finanziaria e rispondere alle crisi economiche, ma “l’accesso a questo bilancio sarà condizionato al rispetto delle regole comuni in materia fiscale e sociale”.

 

In questo contesto, Macron presidente metterebbe Renzi davanti a un bivio. Per partecipare alla costruzione della nuova Ue con Macron e Merkel, dovrebbe tornare a essere il riformatore che nel 2014 prometteva di ridurre il debito pubblico senza pretendere sconti e flessibilità. Altrimenti rischierebbe di ritrovarsi isolato nel ruolo di Viktor Orban di sinistra, che contesta l’Ue, senza rompere mai fino in fondo, ma senza influenzarla. Sui migranti “noi pensiamo di meritare non un attacco, ma un ringraziamento”, ha detto Orban mercoledì all’Europarlamento, spiegando che i muri ungheresi servono a “difendere l’Austria, la Germania e la Svezia”. Orban è “insoddisfatto dal funzionamento dell’Ue. Formuliamo critiche perché vogliamo rimediare agli errori. Vogliamo riformare l’Ue”. Poco prima nella sua enews, Renzi spiegava che “credere nell’Europa non significa accettare passivamente tutto quello che ci chiede Bruxelles. Non significa lasciare a una tecnocrazia senza politica la direzione di marcia” dell’Ue. Sulla sostanza Renzi e Orban non potrebbero essere più lontani. Ma il linguaggio e il fastidio nei confronti dell’Ue sono sempre più vicini.