Il premier spagnolo Mariano Rajoy (foto LaPresse)

La Spagna va alla grande

Dopo nove anni l'economia del Paese, scrive il Financial Times, è tornata a livelli pre-crisi 

Dopo nove anni, l’economia spagnola torna quest’anno ai livelli pre crisi. La disoccupazione rimane elevata, al 18,6 per cento, ma il quotidiano della City londinese, in un lungo reportage, descrive comunque una storia di relativo successo. Le origini della crisi sono ormai note: nel 1999 Madrid fa il suo ingresso nell’euro e pensa di aver raggiunto “il paradiso economico”. Alta inflazione e alti tassi di interesse scompaiono. Ne discende un boom del credito che alimenta una bolla immobiliare, avvenuta in contemporanea all’arrivo di milioni di immigrati dall’America latina, dall’Europa orientale e dal nord Africa che sospinge ancora in su la domanda di immobili.

 

“Nel 2007 in Spagna furono avviati più progetti di costruzione immobiliare che in Germania, Francia, Regno Unito e Italia messi assieme. 2,7 milioni di lavoratori spagnoli erano impegnati nel settore delle costruzioni, il 13 per cento della forza lavoro nazionale”. Una distorsione ancora maggiore in regioni come quella di Valencia, dove le autorità politiche si lanciarono in progetti faraonici destinati a eventi spesso irripetibili, con il sostegno delle cajas, cioè le banche regionali controllate di fatto dalla politica”.

 

I tassi di crescita sono tornati oggi quasi ai livelli degli anni del boom, scrive il Financial Times: “L’economia spagnola è cresciuta a un tasso superiore al 3 per cento sia nel 2015 sia nel 2016, più degli altri paesi europei”. Quest’anno si prevede un pil in crescita almeno del 2,5 per cento. “Ancora più importante di questi dati, tuttavia, è la composizione del pil spagnolo. Negli anni prima della crisi, il settore volatile delle costruzioni pesava più del 10 per cento del pil, mentre oggi la sua quota è sotto il 5. Allo stesso tempo le esportazioni spagnole di beni e servizi sono salite dal 25 al 33 per cento del pil. Le esportazioni del paese, inoltre, sono anche maggiormente diversificate, con un numero maggiore di società in un numero maggiore di settori che esportano in un numero maggiore di mercati”.

 

Il boom delle esportazioni riflette, tra le altre cose, i recenti successi sul fronte della competitività. “Il costo di un’unità di lavoro in Spagna è calato del 14 per cento dal 2010, grazie a un lungo periodo di moderazione salariale e alla nuova flessibilità garantita ai privati dalla riforma del mercato del lavoro del 2012”. Per la prima volta nella storia recente, dunque, il paese recupera terreno senza far segnare un deficit abnorme delle partite correnti. Anzi, la Spagna è in surplus. “Probabilmente la più importante rottura con il passato è quella verificatasi nel settore bancario”.

 

Il bailout del 2010 si è rivelato un successo. Madrid ha lasciato fallire le banche non in grado di sopravvivere e ha ricapitalizzato quelle sostenibili, spostando tutti gli asset problematici in una bad bank e facendo uscire la politica dalle cajas. Per gli analisti, nota il Financial Times, questa svolta sul credito è forse il fattore più importante per spiegare il successo spagnolo rispetto all’insuccesso italiano.