Jean-Luc Mélenchon (foto LaPresse)

Le rouge et le noir

Redazione

Mélenchon salda l’asse tra estremi contro i liberali e l’occidente

E’ crollata la politica tradizionale francese al primo turno delle presidenziali, il Partito socialista e i Républicains, la sinistra e la destra, hanno ottenuto in tutto il 26,26 per cento dei consensi, poco più di Emmanuel Macron da solo, ma nel frattempo è crollato anche un altro tabù. Il responsabile è Jean-Luc Mélenchon, “l’indomito” ex socialista che da anni consuma la sua vendetta a sinistra del partito in cui è cresciuto e che vuole far valere il suo 19,64 per cento dei voti raccolto, violando una regola che a sinistra è sempre stata vitale: fermare l’estrema destra in ogni modo possibile. Mélenchon non ha voluto (ancora) dare indicazioni di voto per il ballottaggio tra Macron e Marine Le Pen, e ieri è stato sommerso di critiche dalla sinistra (quel che ne resta, certo) e anche da alcuni dei suoi. Ma la scelta tattica di Mélenchon dimostra che sì le categorie di destra e sinistra sono sorpassate, ma anche e soprattutto che il rosso e il nero, gli estremi, nella retorica antisistema e antiglobalizzazione, si stanno fondendo.

 

E’ una realtà che s’è vista benissimo in Inghilterra durante il voto sulla Brexit, con le roccaforti laburiste che hanno scelto di uscire dall’Ue; è una realtà che si è intuita nell’occhieggiarsi tattico, durante la campagna elettorale americana, tra l’idolo liberal Sanders e il bruto Trump, in particolare sul tema del protezionismo. Il silenzio di Mélenchon salda definitivamente il mondo dell’estrema destra con quello dell’estrema sinistra, lungo le linee della lotta alla globalizzazione e alle sue istituzioni occidentali, con una mano tesa alla Russia.