Il giudice Sérgio Moro titolare dell'inchiesta che ha fatto strage di politici, ministri e imprenditori (foto LaPresse)

L'abisso giudiziario del Brasile

Redazione

La classe dirigente è decimata da nuove accuse. Giudici senza controllo

Il Brasile è un paese nel pieno di un disastro giudiziario senza precedenti nella storia recente. Da più di tre anni, l’operazione “Lava Jato”, la gigantesca inchiesta anticorruzione capeggiata dal giudice Sérgio Moro, ha fatto strage di politici, ministri e imprenditori. Ha abbattuto un governo e messo ai ferri l’uomo più ricco del paese. Gettato l’economia nel baratro e posto i brasiliani in uno stato di sospetto perenne. Ieri il Tribunale costituzionale del Brasile ha dato la sua benedizione a un nuovo giro di indagini, uno dei più gravi di sempre. Immaginate la scena: con la benedizione del più alto tribunale brasiliano, i pubblici ministeri hanno messo sotto indagine, in un sol colpo, ben sette ministri del governo conservatore presieduto da Michel Temer, i presidenti di Camera e Senato, tre governatori locali, 42 deputati e un terzo di tutti i senatori, indipendentemente dall’appartenenza politica. Tra i ministri indagati ci sono il ministro degli Esteri e il capo di gabinetto, che era entrato in carica da nemmeno un mese, visto che il suo predecessore era stato costretto a dimettersi a causa delle indagini. Il governo Temer, infatti, in pochi mesi di vita ha già perso sette ministri, tutti falcidiati dalle indagini. Temer, protetto dalla sua carica, non ha indagini aperte contro di lui (anche se un altro magistrato chiede la sua destituzione), ma le ha il suo predecessore, la presidente Dilma Rousseff, per cui la procura ha chiesto l’apertura di un’indagine, così come il suo predecessore, Lula da Silva, che ha già cinque cause giudiziarie pendenti (questa appena richiesta sarebbe la sesta), così come il suo predecessore, Fernando Henrique Cardoso. Ormai anche il governo Temer, che aveva iniziato un percorso di riforme per risanare il paese, è in bilico, il Brasile rischia di trovarsi senza guida in un momento difficile come pochi altri nella sua storia, con mezza classe dirigente indagata e l’altra mezza in galera. In Italia, per brevità giornalistica, la crisi giudiziaria in Brasile è definita “la Tangentopoli brasiliana”. Questa definizione va aggiornata: l’abisso giudiziario brasiliano fa impallidire le gesta dei magistrati italiani, e mostra in maniera spaventosa in cosa può trasformarsi il potere giudiziario quando è privo dei contrappesi necessari.