Rex Tillerson e Boris Johnson (foto LaPresse)

Per ora niente sanzioni alla Russia, Tillerson si gioca l'ultima carta a Mosca

Luca Gambardella

Al G7 si decide per una posizione di attesa per "non mettere i russi all'angolo". Putin parla di "nuove provocazioni in corso per accusare di nuovo Damasco di usare armi chimiche"

Roma. Al termine del G7 di Lucca, il segretario di stato americano Rex Tillerson ha dichiarato che il regime di Damasco del presidente Bashar el Assad "è vicino alla fine". Tuttavia, per il momento i sette paesi non hanno dato seguito all'ipotesi ventilata ieri dal ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, sulle possibili nuove sanzioni da imporre al governo siriano e al suo alleato russo dopo l'attacco chimico dello scorso 7 aprile. In attesa del viaggio di Tillerson a Mosca, dove il segretario di stato è atterrato nel pomeriggio, al G7 si è deciso di mantenere una linea più cauta e di convincere nelle prossime ore il Cremlino ad abbandonare Assad – ipotesi molto difficile dato il grande investimento politico, militare ed economico sostenuto finora da Mosca per difendere l'alleato siriano – oppure a sostenere almeno un cessate il fuoco.

 

  

Il ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, ha detto alla stampa che allo stato attuale "sulle sanzioni non c'è consenso per raggiungere lo scopo che ci siamo dati" e ha aggiunto che "non dobbiamo spingere Mosca in un angolo". Una posizione molto più moderata rispetto a quella descritta alla vigilia del G7 da Boris Johnson che, alla ricerca di una linea strategica più chiara da parte degli Stati Uniti, aveva accusato i russi di essere stati complici dell'attacco chimico, che per questo dovevano essere sanzionati alla stregua del regime di Assad e che, soprattutto, il Cremlino deve scegliere ora tra "lavorare con il resto del mondo per una soluzione politica" o continuare a sostenere Damasco.

  

 

Dall'esito del viaggio di Tillerson a Mosca, dove il segretario di stato incontrerà il suo omologo Sergei Lavrov e forse anche Vladimir Putin, si potrà capire quali sono le vere intenzioni dell'Amministrazione Trump nei confronti di Mosca e di Damasco. Prima di lasciare l'Italia, Tillerson ha ribadito alla stampa che l'attacco americano alla base siriana da cui è partito l'attacco chimico nella zona di Idlib rientra nella "difesa degli interessi nazionali" degli Stati Uniti. "Non vogliamo che il regime accumuli un arsenale chimico e che questo finisca nelle mani dell'Isis o di altre organizzazioni terroristiche (come Hezbollah, ndr) che potrebbero attaccare l'America o i suoi alleati (Israele, ndr)".

 

Oggi Putin ha detto di essere a conoscenza di un'altra "provocazione", montata appositamente per accusare Damasco di un nuovo attacco chimico. "Sappiamo che si sta preparando qualcosa in altre parti della Siria, inclusa la periferia sud di Damasco, dove vogliono collocare di nuovo alcune sostanze per accusare di nuovo il governo di usare armi chimiche", ha detto il presidente russo che non ha chiarito chi sia l'ideatore di questa "provocazione".

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.