Donad Trump e Benjamin Netanyahu durante il loro incontro alla Casa Bianca (foto LaPresse)

“L'America è tornata e Israele ne è grato”

Giulio Meotti

Parla l’ambasciatore Ofer Sachs: “Ora il mondo libero ha bisogno degli Stati Uniti. Europa, svegliati!”

Roma. Se per gli Stati Uniti la “linea rossa” dell’uso di armi chimiche in Siria è lontana un oceano, per Israele è una minaccia nel cortile di casa. Di fronte al primo attacco con gas in Siria quattro anni fa, Israele distribuì 3.700 maschere antigas al giorno. Da allora, l’uso della “bomba nucleare dei poveri”, così sono chiamate le armi chimiche a Damasco, si è fatto sempre più disinvolto, fino alla strage di Khan Sheikhun. Per questo ieri il premier israeliano, Benjamin Netanyanu, ha offerto “pieno sostegno” all’attacco militare americano. Il viceministro per la Diplomazia, Michael Oren, ha detto che c’è “un nuovo sceriffo” in città, intendendo che “l’attacco indica che l’America è tornata” e che “i nostri nemici comuni devono avere paura”. “Penso che Trump abbia già fatto molta strada per ripristinare la credibilità americana in medio oriente”, ha detto Dore Gold, ex stretto consigliere di Netanyahu.

 

“C’era uno standard morale in Siria che era stato violato assieme a ogni linea rossa e la nuova Amministrazione ha preso la decisione giusta”, dice al Foglio l’ambasciatore israeliano in Italia, Ofer Sachs. “E’ il segnale che il mondo occidentale doveva dare a Bashar el Assad molti mesi fa. Il mondo libero guidato dall’America non può accettare l’uso di armi chimiche contro i civili”.

 

In Siria, ma più in generale in medio oriente, si viene da otto anni di appeasement e disimpegno sotto due mandati di Barack Obama. Chagai Tzuriel, direttore generale del ministero dell’Intelligence di Israele, ha definito il rifiuto di Obama di usare la forza nel 2013 dopo un attacco chimico a Damasco come “il momento chiave nella regione”. “Quando c’è un vuoto, l’islam radicale e i regimi radicali entrano al posto degli americani”, continua al Foglio l’ambasciatore israeliano in Italia, Ofer Sachs. “L’America ha un ruolo di leader globale e noi israeliani siamo incoraggiati dalla decisione presa due giorni fa”.

 

Il ministro israeliano dell’Intelligence, Yisrael Katz, ha definito lo strike “un importante messaggio all’asse iraniano”. “Teheran ha firmato accordi con Europa e Stati Uniti e allo stesso momento ha fomentato il terrorismo” continua Sachs. “L’Iran è il potere che sta destabilizzando la regione, che finanzia e arma i gruppi islamisti radicali per estendere il suo potere sulla regione. Quando le sanzioni sono state eliminate l’Iran ne ha approfittato, basta pensare all’esperimento missilistico di due settimane fa”. I paesi arabi pure plaudono allo strike di Trump in Siria.

 

“Questa è la seria, credibile e affidabile America che i suoi alleati del Golfo vogliono vedere”, ha detto ieri al Financial Times Abdulkhaleq Abdulla, un analista politico a Dubai. “Sono stati attacchi mirati, ma messaggi significativi per tutti, e sono stati ascoltati forte e chiaro”. “I paesi arabi ‘moderati’ comprendono che l’Iran danneggia e destabilizza e crea caos e impedisce un futuro migliore per tutti loro”, continua l’ambasciatore israeliano Sachs. “Con l’Egitto, l’Arabia Saudita e altri paesi c’è ora la possibilità di comunicare e costruire ponti”. E l’Europa? “Non è riuscita a trasformare le parole in azioni. Gli Stati Uniti sono stati i soli a prendere una decisione concreta. L’Europa non sta facendo molto, quindi spero che la nuova Amministrazione a Washington possa spingerla ad assumersi un ruolo diverso”.

 

Yaakov Amidror, ex consigliere per la Sicurezza nazionale israeliana, ha detto al Financial Times di ieri che “le probabilità di un attacco (contro Israele, ndr) da parte di Iran o Hezbollah sono minori di prima. Ora si è capito che, a differenza della precedente Amministrazione, questa è pronta ad agire”. Sachs è d’accordo. “Israele sta cercando di mantenere i suoi confini al sicuro, in Siria, in Libano, e abbiamo cercato di evitare che alcuni armamenti finissero in mani sbagliate. Israele sta osservando ora il risultato di questo game change da parte degli americani. Non penso che nell’immediato ci sarà un impatto su Israele. C’è solo da aspettare e vedere la reazione della regione intera”. E la Russia? “Non dobbiamo spostare la colpa degli attacchi sui civili da Assad alla Russia. Il colpevole è il regime siriano. Finalmente abbiamo visto una reazione morale dal mondo occidentale, l’Onu deve imparare la lezione. E’ stata ristabilita una linea rossa e per questo siamo grati all’America”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.