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“Convertitevi all'islam e sarete liberi”. Così il magistrato pachistano interrogava i cristiani

Matteo Matzuzzi

In Pakistan il metodo del pm Syed Anees Shah era sempre lo stesso: portare i cristiani davanti a una corte antiterrorismo di Lahore e lì indicare la strada per la salvezza: la conversione

Roma. “Convertitevi all’islam e sarete liberi”. Era questa la proposta che il pubblico ministero Syed Anees Shah era solito fare ai detenuti cristiani che finivano davanti a lui, nel Punjab, in Pakistan. A dare conto della notizia sono stati i media locali, sottolineando che il modo d’operare del magistrato era sempre lo stesso: portare i cristiani davanti a una corte antiterrorismo di Lahore e lì indicare la strada per la salvezza: la conversione. Alternativa posta a quarantadue uomini, tutti residenti nella stessa metropoli, nel quartiere di Youhanabad. Accusati di aver linciato e bruciato due musulmani sospettati di aver giocato un ruolo di primo piano nell’attacco che due anni fa colpì due chiese nel medesimo quartiere, durante la messa domenicale. L’attentato causò diciassette morti e settantacinque feriti. Per il linciaggio dei due musulmani, furono arrestati cinquecento cristiani. Ottantaquattro di questi furono accusati di omicidio e terrorismo, mentre quarantadue sono stati assolti la scorsa estate.

 

Il quotidiano nazionale in lingua inglese Express Tribune ha riportato le parole di un attivista per i diritti umani, il quale ha confermato le singolari procedure usate dal pubblico ministero: “Leggeva brani del Corano, quindi chiedeva di abbracciare l’islam e in cambio diceva che avrebbe garantito loro il rilascio. Uno ha risposto che piuttosto si sarebbe fatto impiccare”. Shah è stato “temporaneamente” rimosso dal suo incarico, in attesa di un’inchiesta interna che – si presume – farà chiarezza su quanto avvenuto. Il magistrato ha negato tutto, anche se successivamente pare abbia fatto qualche ammissione sulle procedure non proprio standard usate nei riguardi dei cristiani sottoposti al suo giudizio. Shah, secondo l’Express Tribune, ha detto di non aver preteso alcuna conversione ma solo d’aver “offerto una scelta”. Appena gli è stato fatto presente che la conversazione telefonica veniva registrata, ha riattaccato.

 

Mons. Joseph Arshad, vescovo di Faisalabad e presidente della Commissione nazionale dei vescovi cattolici per la giustizia e la pace ha condannato le pressioni cui vengono sottoposti i detenuti cristiani: “La giustizia deve essere amministrata secondo la legge. Nessuno ha il potere di fare offerte di quel tipo”, ha aggiunto. Ha scritto Kamran Chaudhry sul portale AsiaNews che “le conversioni forzate sono un tema molto caldo nel paese. Organizzazioni per i diritti umani pachistane affermano che ogni anno circa mille donne cristiane e indù sono costrette a convertirsi e a sposare uomini musulmani”. Il tutto trova conferma nell’ultimo Rapporto sulle minoranze religione in Pakistan diffuso dalla conferenza episcopale cattolica, secondo cui nel 2014 cinque cristiani si sono convertiti all’islam. Fra questi, tre ragazze adolescenti cristiane che erano state rapite e costrette al matrimonio. Il sospetto è che la stessa proposta sia stata avanzata anche ad Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte e da sette anni in carcere perché accusata di blasfemia nei confronti di Maometto. A sostenerlo, sempre ad AsiaNews, è l’avvocato cristiano Nadeem Anthony: “La mia fede è viva e non mi convertirò mai”, gli disse Asia Bibi nel corso di un breve colloquio risalente al 2010. “I cristiani sono disprezzati in Pakistan perché si ritiene che la loro fede sia capace di contaminare l’anima”, dice Wilson Chowdry, presidente della British Pakistani Christian Association. “In molte località pachistane, i cristiani sono obbligati a bere l’acqua da pozzi o torrenti, visto che è loro impedito l’accesso all’acqua potabile pulita. Che contaminino i pozzi lo si insegna ai bambini”. E’ un odio profondo e ben radicato, sottolineava Chowdry al Foglio un anno fa, all’indomani della strage di Pasqua in un parco pubblico di Lahore. La ragione è che l’indottrinamento anticristiano è precoce e nasce nelle madrasse. L’imam del luogo coltiva l’odio “attraverso una linea dura dell’islam, che è quella che va per la maggiore nelle moschee del paese. In Pakistan – diceva – i cristiani sono considerati spie dell’occidente, ed è per questo che non è sorprendente che si siano verificati proprio qui tre enormi attentati negli ultimi quattro anni”. Molto si può fare in Europa, sosteneva Chowdhry, anche con il dialogo interreligioso. Ieri, a tal proposito, prima dell’udienza generale il Papa ha ricevuto in Vaticano una delegazione di imam britannici: “A me piace pensare che il lavoro più importante che dobbiamo fare oggi fra noi, nell’umanità, è il lavoro ‘dell’orecchio’: ascoltarci”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.