Rex Tillerson con Donald Trump (foto LaPresse)

Trump ha tagliato fuori Tillerson

Altro che diplomazia. Il dipartimento di stato non viene nemmeno avvertito delle visite dei ministri. Il caso Huntsman

New York. In una vignetta del Los Angeles Times, Steve Bannon spinge il segretario di stato, Rex Tillerson, dentro uno sgabuzzino in cui si intravvedono scope e stracci, e sulla porta c’è una scritta improvvisata: “Dipartimento di stato”. La battuta del superconsigliere di Donald Trump è presto servita: “Ti veniamo a chiamare se abbiamo bisogno di te, Tillerson”. Normalmente la satira propone iperboli, gioca con l’esagerazione, ma qui siamo vicini alla rappresentazione letterale di un fatto politico rilevante nella logica del potere americano, ovvero l’esclusione dell’apparato diplomatico dalle stanze dove si prendono le decisioni. Mentre ci si occupa con trasporto di leak della Cia, di “deep state”, di connessioni russe e intercettazioni, il capo di Foggy Bottom viene bruscamente messo in un angolo da una Casa Bianca che gestisce anche i dossier di politica internazionale con la logica esclusiva e intima dell’inner circle.

 

Il ministro degli Esteri messicano, Luis Videgaray, giovedì ha incontrato a Washington il genero-consigliere Jared Kushner, il consigliere per la Sicurezza nazionale, H. R. McMaster, e pure l’advisor economico Gary Cohn, e non solo non ha visto Tillerson, ma il dipartimento di stato ha ammesso di non sapere nulla della visita. Dall’insediamento dell’Amministrazione fino a martedì scorso, Foggy Bottom non ha fatto i briefing quotidiani con la stampa, decisione che riflette più i limiti organizzativi di un organismo burocratico che si è ritrovato improvvisamente senza interi piani manageriali che la volontà di agire in modo opaco. Il terzo giorno in cui la consuetudine è stata ripristinata, il portavoce del dipartimento, Mark Toner, è precipitato nell’imbarazzo di fronte alla domanda sulla missione di Videgaray: “Non sapevo che il ministro fosse in città”. Tillerson è escluso in maniera sistematica dagli incontri in cui il presidente decide la politica estera. Non hanno chiesto il suo parere quando l’allora consigliere per la Sicurezza nazionale, Michael Flynn, ha diramato un avvertimento all’Iran, non ha partecipato ai dialoghi in preparazione alla visita di Bibi Netanyahu, dove Trump ha messo in discussione la politica dei due stati, non si è espresso sui test missilistici della Corea del nord, non ha avuto voce in capitolo sulla proposta di bilancio che contiene tagli devastanti per la diplomazia, non ha nemmeno pranzato con l’ambasciatore russo. La settimana prossima farà il primo viaggio asiatico, toccando Corea del sud, Giappone e Cina, ma il dipartimento di stato ha deciso di non portare giornalisti al seguito, cosa che ha scatenato le ire di giornali e network. Tillerson aveva già mantenuto un basso profilo ai limiti della segretezza anche in occasione dell’incontro con i ministri degli Esteri del G20 in Germania.

 

Il dipartimento di stato è il luogo più disfunzionale e periferico dell’universo di Trump. Tillerson ci è arrivato grazie a raccomandazioni autorevoli (Bob Gates, Condoleezza Rice) confermate da un incontro in cui ha fatto breccia nel cuore del presidente eletto. Dopo quel momento di grazia, la sua posizione si è indebolita. Non ha nemmeno un vice, e l’unico nome che ha proposto, Elliott Abrams, è stato fatto fuori dal presidente quando ha scoperto che lo aveva criticato durante la campagna. Un altro papabile per la posizione era Jon Huntsman, ex governatore di convinzioni moderate che è stato ambasciatore in Cina negli anni di Obama. Huntsman è stato infine dirottato al ruolo di rappresentante diplomatico presso il Cremlino, cosa che agli occhi di chi ha seguito la sua carriera appare come un chiaro segno del disinteresse trumpiano per il processo diplomatico. Huntsman è la quintessenza del politico presentabile e senza conseguenze, un uomo per tutte le stagioni che nel 2012 ha annunciato la sua candidatura dalla statua della Libertà, come Reagan, e poi è rimasto a uno zero virgola. Non è la prima volta nella storia che la politica estera si fa lontano dalla segreteria di stato. Ai tempi di Nixon, William Rogers non toccava palla, tutto passava da Kissinger. L’unico candidato per quel ruolo nella Casa Bianca di Trump, al momento, è Bannon.

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