Tra spioni interni e pista russa, ecco qual è il vero scandalo della Cia

Eugenio Cau

Le rivelazioni di Wikileaks, per ora, non sono scottanti, e il vero problema è: chi ha dato i documenti riservati a Julian Assange?

Roma. La pubblicazione da parte di Wikileaks del “Vault 7”, un archivio di oltre 8.000 documenti riservati che dettaglia gli strumenti di hackeraggio della Cia, ha suscitato un polverone in gran parte ingiustificato. Su molti giornali italiani, e non solo, lo scandalo creato dalla pubblicazione non autorizzata di Wikileaks ha ricordato l’affaire della Nsa in cui fu coinvolto Edward Snowden nel 2013. In realtà, quando si scende nel dettaglio degli strumenti di hackeraggio sviluppati dalla Cia, si scopre che questi erano a volte banali, a volte basati su progetti open source e comunque ben lontani dagli strumenti di sorveglianza di massa rivelati da Snowden nel 2013. Per esempio, il tanto pubblicizzato hackeraggio della smart tv della Samsung, che trasforma le televisioni in strumenti di intercettazione, richiede in realtà che gli agenti della Cia accedano a una tv fisicamente, con una penna usb: poco pratico.

 

 

E’ falso inoltre che la Cia aveva trovato il modo di violare i sistemi di criptaggio delle app come WhatsApp, Telegram e Signal. In generale, sono già in vendita versioni più avanzate di molti degli strumenti svelati da Wikileaks. E dunque se, almeno per ora, le terribili rivelazioni sono tutt’altro che terribili – perché alla peggio rivelano strumenti scomodi e alla meglio rivelano che un’agenzia di spionaggio si era dotata di strumenti per spiare, senza nemmeno i dubbi costituzionali che sollevavano i metodi della Nsa – e l’eccitazione mediatica è una bolla, il vero scandalo è: come è finito il Vault 7 in mano a Julian Assange e a Wikileaks? Come scrive la stessa Wikileaks, i documenti circolavano da tempo nella comunità di sviluppatori e contractor legata all’intelligence, ma a un certo punto la Cia ne ha “perso il controllo” e parte di essi è finita a Wikileaks. A passare i documenti ad Assange potrebbe essere un whistleblower à la Chelsea Manning. Ma è dal 2010, dai tempi di Manning, appunto, che nessun whistleblower di peso cede documenti rilevanti a Wikileaks, perché ormai l’organizzazione di Assange è politicamente orientata. Snowden, per esempio, ha ceduto i suoi documenti a giornalisti, e ha criticato Assange molte volte. Così, accanto alla pista dello spione, se ne apre un’altra, e cioè che la Cia sia stata vittima di un’operazione esterna.

 

 

Tra i paesi che hanno i mezzi tecnici per estrarre informazioni dalla Cia, hanno ottimi rapporti con Wikileaks e l’interesse nel vedere l’intelligence americana in ginocchio, il principale sospettato è la Russia, che secondo esponenti della comunità della cybersecurity americana era già dietro a un furto di strumenti di hackeraggio della Nsa operato dal gruppo “Shadow Brokers” l’anno scorso. I legami tra Wikileaks e la Russia sono noti e si sono rafforzati nell’ultimo anno, quando l’organizzazione di Assange è stata individuata come uno strumento funzionale al piano del Cremlino per influenzare il risultato delle elezioni americane. Inoltre, ha scritto il Daily Beast, insieme alle rivelazioni di Wikileaks è partita una campagna di disinformatia volta a sollevare il Cremlino dalla responsabilità per gli hackeraggi passati e aumentare il divario già esistente tra il presidente americano Donald Trump e la sua intelligence. La pista russa, per ora, è solo un’ipotesi, avanzata da esperti del settore come John Schindler o Bruce Schneier, e sarebbe smentita se si rivelasse l’esistenza di un whistleblower interno. Ma comunque vada, a beneficiare del leak, per ora, c’è una sola entità, e non sono i cittadini americani. 

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.