Charles Murray (foto di Gage Skidmore via Flickr)

Camicie brune liberal contro Charles Murray, “the most dangerous conservative”

Giulio Meotti

Linciaggio scampato per il guru conservatore Murray nel college progressista del Vermont. “Sono teppisti intellettuali”

Roma. Siamo nel Vermont, riserva indiana socialista (lo stato di Bernie Sanders) e della controcultura progressista. Una associazione studentesca del Middlebury College, gloria dell’umanesimo che esiste dal 1800, aveva invitato a parlare Charles Murray, studioso dell’American Enterprise Institute autore di saggi importanti contro il welfare state, che il New York Times magazine ha definito “The Most Dangerous Conservative”. L’ottantenne studioso finirà quasi linciato, nel punto più basso per la libertà accademica e di espressione che si ricordi.
 
450 laureati del Middlebury College avevano firmato una lettera per protestare contro l’invito rivolto a Charles Murray, l’autore della “Curva a campana”, celebre apologia dell’intelligenza come motore della società che gli aveva attirato le accuse di “razzismo”. Gli studenti hanno fatto il resto.

 
Quando Murray è salito sul palco, quattrocento studenti gli hanno rivolto le spalle e scandito slogan come “razzista, sessista, anti gay”, coprendolo di insulti. La contestazione è durata venti minuti, fino a quando Murray è stato portato in un’altra stanza, in modo che Allison Stanger, docente di Politica ed Economia, lo potesse intervistare in streaming. Quando Murray e Stanger sono usciti, sono stati attaccati da un gruppo di manifestanti. Lei è stata tirata per i capelli e portata in ospedale, poi manifestanti sono saliti sul tetto dell’auto di Murray, fino a che la polizia non è riuscita a scortarlo via. “Ciò che è accaduto sembrava una scena di ‘Homeland’”, ha detto Stanger, “piuttosto che una serata in un istituto di istruzione superiore”. Le organizzazioni dei diritti civili, come il Southern Poverty Law Center, ci avevano messo del loro, tacciando Murray di “nazionalismo bianco”.

 

Non era la prima volta che Murray veniva contestato nei campus. Due anni fa al college Azusa gli fu impedito di prendere la parola, ma non si arrivò all’aggressione. Fu sufficiente annullare l’incontro. Il presidente del college Middlebury, Laurie Patton, ha chiesto scusa a Murray, sostenendo che “i college delle arti liberal sono luoghi ideali in cui le differenze vengono messe in mostra”. Troppo facile. Perché come racconta il New Yorker, questi college sono in prima linea nel censurare opinioni discordi e nell’annullare proprio quelle “differenze”. L’Amherst College ha eliminato il nome di Lord Jeffrey Amherst come mascotte per le sue vedute poco progressiste sugli indiani d’America. Studenti e professori allo Scripps College, una scuola femminile di arti liberal in California, hanno impedito di parlare alla segretaria di stato Madeleine Albright, definita “criminale di guerra”.

 
Eugene Volokh, che scrive sul Washington Post, riferendosi al caso Middlebury parla di “camicie brune”. Lo stesso Murray, in un post sul sito dell’American Enterprise Institute, parla di “teppisti intellettuali che prenderanno il controllo dei campus”, aggiungendo: “Quando la maggioranza degli studenti ha paura di parlare perché sanno che una minoranza si accanirà su di loro non è più una città universitaria intellettualmente libera. Sono pessimista. Quello che è successo lo scorso giovedì ha il potenziale per essere un disastro per l’istruzione americana”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.