Tra i “nemici dell'America” chi è il più nemico? Ce n'è uno imbattibile, ma poi c'è la guerra personale con la Cnn

Paola Peduzzi

Nell’assurda classifica dei media odiati da Trump, compare il network tv in grande ascesa e soprattutto il suo presidente, Jeff Zucker. Tutti i conti in sospeso

Milano. Tra i “nemici dell’America” qual è il nemico più nemico di tutti? Donald Trump ha ingaggiato una guerra contro i media che non accenna a calare di intensità – anzi, a leggere la storia di copertina dell’ultimo Bloomberg Businessweek su Stephen Miller, “ministro della Verità” e speechwriter di riferimento, si capisce che la guerra diventerà ancora più cruenta – ma tra i suoi obiettivi ce ne sono alcuni più prediletti di altri.

 
Il New York Times con le sue “bugie” e il suo “intento” di distruzione del trumpismo svetta sugli altri, pure se andando a rileggere il testo dell’incontro che Trump fece con la redazione del quotidiano newyorchese poco dopo la sua elezione, un po’ le idee si confondono: non c’era poi tutto questo odio. Nelle prime posizioni della classifica di odiati compare anche la Cnn, il network televisivo che sta vivendo una momento di rinnovato splendore dopo anni in cui veniva dilaniato dai competitor (Fox News in particolare) e che per Trump è la centrale delle “fake news”, “di odio e rabbia” con vertici, in particolare il presidente, “pieni di pregiudizi”. Ma se molti altri media colpiti dall’ira trumpiana reagiscono con comunicati seri sull’importanza della verità e con inchieste ancora più approfondite, il presidente della Cnn, Jeff Zucker, tirato direttamente in causa, risponde colpo su colpo, con il ghigno, “ogni attacco di Trump è un motivo di vanto”, ha detto qualche tempo fa a un incontro con i giornalisti.

Tra tutti gli imputati, Zucker è il più trumpiano di tutti: vorace, competitivo, a 26 anni guidava la trasmissione “Today” della Nbc, dove è rimasto a lungo per poi essere sloggiato con una fuoriuscita lussuosa approdando alla Cnn (nel frattempo Zucker è anche sopravvissuto per due volte al cancro). All’inizio degli anni 2000 Trump e Zucker si incontrano e si riconoscono, simili come sono: fu Zucker a mettere “The Apprentice” in prima serata quando lavorava alla Nbc. Zucker e Trump, ha scritto il “media correspondent” del New York Times Michael M. Grynbaum, “condividono la stessa ossessione per i rating e lo stesso amore per lo spettacolo”.

 
Non è un caso che oggi lo scontro tra Trump e la Cnn sia personalissimo. Durante la conferenza stampa del 16 febbraio scorso, il presidente ha detto a Jim Acosta, reporter della Cnn che già si era scontrato con la presidenza: “Chiedi a Jeff Zucker come ha ottenuto il suo posto di lavoro”. La storia è questa: nel 2004 Trump citò Zucker in un suo libro con toni elogiativi – variazioni meno roboanti di “tremendous guy”, ripetute anche su Twitter, anni fa – e nel 2012 durante una cena Trump suggerì al suo vicino di tavolo Phil Kent, allora chief executive di Turner, di assumere Zucker come presidente. Si dice che Kent avesse già preso in considerazione Zucker e che quella sera annuì solamente alla conferma, ma da quel momento Trump si è intestato il merito di aver aiutato Zucker, e lo ripete a ogni occasione come ha fatto di recente anche suo genero Jared Kushner a un incontro con alcuni vertici dei gruppi editoriali.

È facile immaginare quanto possa essere furioso Trump al pensiero di aver avvantaggiato Zucker che ora gli si rivolta contro: ma come, ti ho creato e ora mi distruggi? In realtà il presidente della Cnn era stato molto criticato durante la campagna elettorale per il motivo contrario: concedeva ampio spazio ai comizi di Trump e aveva assunto tra i commentatori Corey Lewandowski, tra i primi mastini del team trumpiano, e così molti pensarono che, proprio per il suo rapporto con Trump, Zucker non fosse affatto bilanciato nel racconto elettorale. Con l’elezione del presidente tutto è cambiato, ancora venerdì scorso al Cpac Trump irrideva la Cnn e le sue bugie e faceva impazzire il pubblico quando spiegava che Cnn significa in realtà “Clinton News Network” (anche dell’ossessione presidenziale per la Clinton bisognerebbe parlare, in effetti) e poco dopo il suo portavoce, Sean Spiecer, vietava alla Cnn l’accesso a un suo brief. Ma Zucker ha capito, come molti altri nella sua posizione, che l’antitrumpismo rende, che ogni insulto presidenziale aumenta l’audience, e anche se ancora non riesce a scalzare l’Msnbc nella prima serata, i numeri della Cnn sono in ascesa. Stiamo solo facendo il nostro lavoro, risponde serafico Zucker quando gli chiedono conto delle sue reazioni alle accuse trumpiane, e chi lo conosce dice che non è affatto preoccupato, anzi semmai lo scontro lo elettrizza, con un ex amico poi, quando ci si assomiglia così “everything is personal”. Tra gli spettatori del suo network poi c’è lo stesso Trump, come ha sottolineato sprezzante Zucker: il presidente ha tuittato che “la Cnn è ‘inguardabile’, ma l’unica ragione per cui può dirlo è che la stava guardando”.

 
Nel grande business indotto dalla più penosa delle guerre, la Cnn presenta però una vulnerabilità in più. Time Warner, parent company della Cnn, si sta preparando all’acquisizione da parte di AT&T: l’accordo ancora aspetta l’approvazione del dipartimento di Giustizia di Trump.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi