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E ora che fa la destra di Francia?

Mauro Zanon

Basta coi piani B, tra i Républicains c’è chi si dimette e chi aspetta

Parigi. “L’ex pilota di rally mantiene le mani sul volante”, dice Philippe Gosselin, deputato neogollista: l’auto c’è ancora, e la volontà del pilota di andare fino in fondo pure. Ma le mani di François Fillon, candidato dei Républicains (Lr) all’Eliseo, non sono più salde come lo erano qualche settimana fa. Il prossimo 15 marzo sarà interrogato dai giudici nell’ambito del Penelope Gate, lo scandalo sui presunti impieghi fittizi che coinvolge moglie e figli, lui ha detto che non si ritirerà e combatterà contro questo tentativo di “assassinio politico”, ma sa bene che dovrà far fronte anche ai crescenti malumori interni al partito. I fillonisti duri e puri, Bruno Retailleau e Bruno Beschizza, insistono nel dire che “il solo arbitro è il popolo”, ma in seno ai Républicains i malpancisti aumentano e non si nascondono più. Il capo della fronda anti Fillon è Bruno Le Maire, che poteva essere, in caso di elezione all’Eliseo del candidato dei Républicains, il prossimo ministro degli Esteri, e che oggi si è “dimesso” con molto clamore dalla campagna elettorale. “Credo al rispetto della parola data”, ha scritto in un comunicato, autoescludendosi dall’organigramma di Fillon, e portandosi dietro un buon numero di deputati, che non vogliono affondare a bordo del Titanic fillonista. Le prime indiscrezioni, stamattina, lasciavano addirittura immaginare un ritorno a sorpresa di Alain Juppé, che però ha ribadito di non essere il “piano B di nessuno”; Laurent Wauquiez, capataz di Lr, aveva dichiarato che il ritiro di Fillon sarebbe stato “apocalittico” per le sorti della destra repubblicana; mentre Valérie Pecresse, presidente Lr dell’Ile-de-France, si è intestata l’organizzazione di una grande manif, domenica prossima, per sostenere Fillon.

 

Basterà? “Doveva scegliere un capro espiatorio per dare un senso alla decisione di mantenere la sua candidatura e ha scelto i giudici. La sua è una strategia rivolta all’opinione pubblica”, dice al Foglio Frédéric Saint Clair, autore del saggio “La refondation de la droite”. “Tuttavia – aggiunge Saint Clair – Fillon aveva detto che se fosse finito sotto inchiesta avrebbe rinunciato a correre per l’Eliseo. Non lo ha fatto, la sua immagine di uomo probo è stata sgualcita, e difficilmente gli elettori neogollisti dimenticheranno quella sua promessa, oggi venuta meno”. Il secondo turno del 7 maggio potrebbe sancire la fine dello storico clivage destra-sinistra, con l’emergere di un nuovo scontro ideologico tra un candidato dell’apertura, liberale e europeista, Emmanuel Macron, leader di En Marche!, e la candidata del ripiegamento, protezionista e euroscettica, Marine Le Pen, presidente del Front national. “A destra, in caso di eliminazione di Fillon al primo turno, potremmo assistere a una ricomposizione attorno alle nuove leve dei Républicains, come Le Maire, Baroin, Nkm, Wauquiez”, dice Saint Clair. “A sinistra – spiega – la situazione è ben più grave, perché c’è una frattura ideologica insanabile tra una sinistra neogiacobina, quella di Benoît Hamon, e una sinistra riformista, quella di Manuel Valls”.