François Fillon (foto LaPresse)

Scandalo francese

Mauro Zanon

Fillon alle prese con il giustizialismo, socialisti persi nel populismo Le strade che portano a Macron

Parigi. In caso di “mise en examen”, ha assicurato, “rinuncerò”. È un François Fillon frastornato quello presentatosi giovedì sera al 20 heures di Tf1, la messa laica francese, l’edizione del telegiornale dove tutti i grandi politici di Francia accorrono per difendersi pubblicamente quando scoppiano grossi scandali che li riguardano. E lo scandalo che coinvolge e rischia di travolgere il candidato dei Républicains è quello di aver pagato per otto anni sua moglie, Penelope Fillon, per un finto impiego di assistente parlamentare. Finto impiego, grazie al quale Penelope avrebbe intascato 500.000 euro, secondo quanto rivelato dal settimanale Canard enchaîné che è entrato in possesso delle sue buste paga.

 

In diretta su Tf1, Fillon, ha parlato di “accuse abiette”, ma ha detto ugualmente che se verrà indagato formalmente si farà da parte, non riuscirebbe a sostenere il peso di un’indagine che mette in discussione la sua trasparenza e la sua integrità dinanzi ai francesi, e chissà, allora, cosa succederà nei Républicains. Alain Juppé ha già detto che non vuole essere una “soluzione di ripiego”, in caso di ritiro di Fillon, che continuerà a occuparsi della sua Bordeaux, dove è un sindaco apprezzato.

 

Di un ritorno di Sarkozy nell’arena politica non se ne parla neppure, mentre sono in molti gli osservatori a sospettare che siano stati degli insider dei Républicains a spifferare tutto alla redazione del Canard, l’ennesimo regolamento di conti a cui la politica francese ci ha abituato. Il sito di opinioni liberali Atlantico.fr si chiedeva ieri da dove mai potesse essere arrivato il colpo contro Fillon, e volavano le ipotesi su Rachida Dati, l’ex sarkozette arrabbiatissima contro il candidato dei Républicains per aver preso sotto la sua ala protettrice l’ex amica e oggi molto nemica Nathalie Kosciusko-Morizet, ma anche su Henri Guaino, l’ex plume di Sarkozy, sospeso dai Républicains e privato di investitura proprio da Fillon in vista delle prossime legislative. Ma al di là dei sospetti sull’origine della vicenda, la possibile abdicazione di Fillon dinanzi alle sirene del giustizialismo evidenzia più che mai le difficoltà della destra gollista francese, che credeva con l’ex delfino di Sarkozy di aver trovato un vero rassembleur, integro e rassicurante, in grado di fare una buona sintesi tra le varie anime dei Républicains, e di far dimenticare l’iperattivismo nervoso e divisivo dell’ex président.

 

L’affaire, il Penelope-Gate, come è stato chiamato, rischia invece sia di provocare la morte politica di Fillon, sia di condannare i Républicains a un periodo pieno di incertezze, senza nuove leve all’orizzonte che garantiscano un ricambio generazionale. A sinistra, la situazione non è certamente migliore, con il Partito socialista che si affida alle utopie neogiacobine di Benoît Hamon, il candidato del reddito universale e delle 32 ore, osannato dalla galassia Piketty-Podemos, il candidato amico delle banlieue che – secondo le previsioni – domenica dovrebbe spuntarla contro il riformismo realista dell’ex premier Manuel Valls. Anche i vallsisti, secondo un documento già pronto e già firmato consultato ieri da Europe1, sono convinti della sconfitta del loro patron e stanno già facendo le valigie direzione En Marche!, il movimento politico di Emmanuel Macron. In vista delle presidenziali prende così sempre più quota l’ipotesi di un secondo turno Macron-Le Pen. Mentre al dramma socialista si potrebbe presto aggiungere il dramma neogollista.