Mi dichiaro patriota europeo

Giuliano Ferrara

Non sono della generazione Erasmus-Orgasmus, ma mi piace la fuga dei cervelli e degli altri liberi di espatriare in una patria comune. Con Trump ora qualcosa cambia: l’Europa ha un senso. Ragioni per essere patrioti

Eccomi patriota europeo. Ho servito gli Stati Uniti con onore, e non senza un profitto materiale e del cuore, quando erano (1985) un bastione della libertà nel mondo. Ora sono a disposizione, come sempre del mio piccolo e amato paese, e della Germania, di cui amo sommamente Berlino capitale, e della Francia, dove sono a metà trasferito armi e bagagli. Se il celebrity in chief attacca l’Unione, perché la sente debole e vuole farsi i cazzi suoi, io la difendo. Se la Nato è obsoleta, io la celebro. Questo nulla toglie a Londra, ai Proms, né a New York, dove il celebrity in chief ha rastrellato il 4 per cento dei voti, a Manhattan almeno. Non sono della generazione Erasmus-Orgasmus, ma mi piace viaggiare senza noie.

 

Mi piace la fuga dei cervelli e di tutti gli altri liberi di espatriare in una patria comune. Muoversi non mi sembra un peccato, un disdicevole tradimento. La stessa moneta crea problemi, penso si possano risolvere integrando le politiche, le banche, i mercati, e stabilendo con Theresa Maybe una relazione fruttuosa. Gli inglesi sono dei nostri, nonostante la relazione speciale con gli americani. L’occidente, con la minuscola mi raccomando, sennò Adriano Sofri giustamente se la prende, esiste. Ne fa parte perfino Papa Bergoglio, sebbene faccia le viste di non saperlo. E Trump, va ricordato, “non è cristiano”. Scherzi a parte, dal 20 gennaio intanto qualcosa cambia.

 

L’Europa comincia ad avere un senso. Deve pagare i suoi debiti con il grande alleato, specie nel campo della difesa comune, ma non sottomettersi alla tenaglia neo imperiale delle due celebrity che ce l’hanno su con la Cia, ma non con il Kgb (ora si chiama Fsb). Vincesse Macron in Francia, saremmo quasi a posto. Vincesse Le Pen, un disastro. Con Fillon si deve vedere, è parecchio filo russo, come sempre lo stato francese è stato, ma anche gollista e cristiano, così dice. Dunque wait and see. Intanto la Merkel, la cara Angela, imparerà, stavolta per forza di cose, a farsi gli affari degli altri, non per vendere più Wolksvagen ma per irrobustire la base produttiva e di mercato della moneta che fin qui le ha dato dei vantaggi (non solo a lei). L’Italia è vittima delle politiche di austerità bla bla bla. Ma anche l’improduttività, certe furbizie ataviche, una antropologia molto mediterranea, felicemente, ma troppo, e altri elementi del quadro qualcosa hanno contato.

 

Le riforme, a parte il popolo bue che alla fine ha votato contro, le sa fare e forse tornerà a farle. Speriamo. Non c’è bisogno di vietare ai turisti americani di fare il giro del Colosseo, intendiamoci, basta lavorare un cincinin di più. E’ meglio. E votare in modo ragionevole, inoltre. Ma vabbè, sono un inguaribile elitario. Mi rendo conto che le analisi non si scrivono a questo modo, così solo i corsivetti. Ma il sentimento di una cosa comune alla fine te lo danno solo nemici potenti e alleati infidi, che per un pugno di dollari ai forgotten men, e per la vanità di un simpaticissimo mezzo matto che suscita diffidenza anche in Berlusconi, ti mollano e ti insultano alla vigilia dell’incoronazione. Yalta fu una buona soluzione, ma il muro cadde e non si torna indietro, almeno non credo né mi sembrerebbe opportuno.

 

Obama è stato otto anni un affabulatore di talento, come molto tempo fa scrissi qui è misterioso come si possa sbagliare politica in quasi ogni campo e restare popolare, amato, benedetto. Ma le conseguenze economiche e politiche di Obama non devono ricadere sulle eurocrazie di Bruxelles, su quel genio di Mario Draghi, sulle classi dirigenti spagnole, greche, italiane, francesi, tedesche, olandesi, belghe, baltiche nonché sui popoli, che meriterebbero questo e altro, salvo che anch’io ne faccio parte, chiedo scusa. Dunque patriottismo europeo: stelle nel blù contro stelle strisce e le strisce che nascondono la vecchia falce e martello. D’accordo? Withman è grandissimo, l’America contiene moltitudini, è elettrica, ma i fiori del male non sono versi cattivi, e Mallarmé è incomprensibile, ermetico più di Montale, ma sensibile alla lingua. Ho letto Safran Foer, un altro che il 20 gennaio non celebra. E ho letto Pennac o Pennacchioni, prima di Hoeuellebeq. Me li tengo e faccio il patriota europeo anche in nome dell’America che amo. Quella deliziosa scorbutica della Fallaci mi guarda da lassù e mi sorride, siatene certi.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.