Mike Pompeo (foto via Facebook)

L'attacco di Pompeo. Cosa dice il nuovo direttore della Cia di Trump

Daniele Raineri

“La Russia non ha fatto nulla per sconfiggere l’Isis”. Tortura, hackeraggi e deal con l’Iran

Roma. Ieri c’è stata l’audizione di conferma davanti al Senato americano del candidato scelto dal presidente eletto Donald Trump per diventare direttore della Cia, il parlamentare repubblicano Mike Pompeo.  Come già aveva detto il segretario alla Difesa uscente, Ash Carter, nella sua ultima intervista tre giorni fa al Wall Street Journal, anche Pompeo ha detto che “la Russia non ha fatto nulla per aiutare a distruggere e sconfiggere lo Stato islamico”. E’ un giudizio secco che farà sobbalzare legioni di sostenitori dell’asse tra Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin, ma era difficile che l’uomo che sta per andare al comando della Cia – quindi l’organizzazione che spende quantità enormi di risorse per localizzare e colpire i capi dello Stato islamico in Iraq, Siria, Libia e nel resto del mondo – fosse disposto a congratularsi con i russi per un impegno inesistente – in Siria preferiscono combattere su altri fronti piuttosto che contro lo Stato islamico (con l’eccezione di Palmira, che però per ora è stata di nuovo abbandonata ai terroristi).

Pompeo, secondo i giornalisti presenti, aveva un atteggiamento molto disponibile e pronto con i senatori e tradiva il desiderio genuino di superare senza inconvenienti l’audizione e ottenere l’incarico anche a patto di contraddire le posizioni e le preferenze del presidente eletto che lo ha nominato. Di nuovo sulla Russia, Pompeo ha detto che Mosca si sta presentando sulla scena in modo molto aggressivo, “invadendo e occupando l’Ucraina e minacciando l’Europa”. Anche un altro candidato passato ieri davanti ai senatori, l’ex generale dei marine James Mattis, nominato per l’incarico di segretario alla Difesa, ha detto cose differenti da Trump: “La Russia è in cima alla lista delle minacce”. Pompeo ha anche detto di considerare credibile il rapporto fatto dalle agenzie di intelligence americane riguardante le interferenze russe nelle elezioni americane (da non confondere con il dossier uscito martedì sera).


Mike Pompeo (con la cravatta verde) 


Così, davanti a una platea che includeva senatori repubblicani molto critici con Trump, anche Pompeo si è adeguato agli interlocutori. Di Edward Snowden, il contractor della Nsa americana (l’agenzia che si occupa di intercettazioni) scappato con un tesoretto di dati segreti, ha detto che “dal comfort della sua casa sicura di Mosca inganna il pubblico americano in materia d’intelligence”. Snowden è schierato dalla parte di Wikileaks, il sito di Julian Assange che ha condotto una campagna martellante a favore di Donald Trump – per esempio due giorni fa Wikileaks su Twitter ha subito definito falso il dossier anti presidente eletto pubblicato da BuzzFeed. Anche in questo caso, davanti ai senatori l’asse ideale Trump-Russia-Wikileaks è stato accantonato.

Pompeo ha usato parole di moderazione a proposito del patto nucleare con l’Iran firmato dall’Amministrazione Obama – che ha congelato il programma atomico di Teheran in cambio dell’azzeramento delle sanzioni economiche internazionali e che da molti critici, Pompeo incluso, è considerato poco più che un trucco iraniano per fregare interlocutori occidentali troppo creduloni. “Gli iraniani sono professionisti dell’inganno”, ha detto Pompeo, ma ha chiarito che il suo ruolo come capo della Cia sarà diverso dal suo ruolo di politico e più neutrale: “Mi occuperò di raccogliere informazioni che possono consentire ad altri di prendere le decisioni”.

Un altro grande scarto significativo di Mike Pompeo dalla linea presidenziale di Trump come per ora ce la immaginiamo in termini per forza vaghi – muro con il Messico, liaison con Putin, guerra commerciale con la Cina – riguarda il ripristino della tortura come metodo d’interrogazione di sospetti terroristi. Il presidente eletto ha detto in campagna elettorale che vuole di nuovo il waterboarding, la tecnica che simula l’annegamento, e altri metodi “molto peggiori del waterboarding”. Anche Pompeo in passato si è detto a favore di queste tecniche d’interrogatorio rafforzate (come dice l’eufemismo) e nel 2014 rispose a un rapporto di una commissione d’inchiesta del Congresso presieduto dalla democratica Dianne Feinstein con uno statement scritto che diceva: “Questi uomini (coinvolti negli interrogatori) non sono torturatori, sono patrioti. Hanno agito entro i limiti fissati dalla Costituzione”. Ieri, quando la stessa senatrice Feinstein gli ha chiesto se da capo della Cia avrebbe ripreso con le tecniche d’interrogatorio rafforzate, Pompeo ha risposto: “Assolutamente no”. Non ricomincerete? “Avete il mio impegno pieno”.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)