Donald Trump (foto LaPresse)

Il circo Donald

Trump fa mezzo passo indietro su Putin e aggredisce i giornalisti

Galvanizzato dal maldestro dossieraggio, il presidente eletto attacca l’intelligence politicizzata e i maestri delle fake news. La separazione dagli affari

New York. La conferenza stampa di Donald Trump è iniziata con numeri pirotecnici ed è finita in un circo, con urla, strepiti, interruzioni e l’abituale dose di vetriolo verso i giornalisti. La questione che aleggiava, specialmente dopo la notte turbolenta del dossieraggio senza prove, era il rapporto con la Russia, e il portavoce Sean Spicer ha preventivamente castigato la pubblicazione “altamente irresponsabile” di un documento esplosivo, ma non verificato, da parte di BuzzFeed. Un tentativo “triste e patetico” di danneggiare il presidente eletto. Poi ha preso la parola Trump.

 

Dopo un lungo tergiversare sulle responsabilità del Cremlino negli attacchi cibernetici, ha finalmente concesso ciò che l’intelligence americana ha messo nero su bianco: “Penso sia stata la Russia” a penetrare nei sistemi del Partito democratico, ha ammesso. Qualche minuto più tardi si è parzialmente corretto con un “ma anche altri”, mitigando la sua posizione e avvolgendo le dichiarazioni con la solita cortina fumogena. Se i soli democratici sono stati danneggiati è perché i repubblicani hanno sistemi di sicurezza più efficaci. Trump ha detto che “probabilmente non avrà una buona relazione con Putin”, ma se questo dovesse succedere, come si evince del resto dalle reciproche dichiarazioni di stima, si tratterà di un “asset” per gli Stati Uniti, non di un costo. In quello che per contrasto con il tono rabbioso appare come un momento d’ironia, ha esibito il suo noto disgusto per i germi per screditare la famosa accusa della “pioggia dorata” fatta da un gruppo di prostitute in una suite moscovita, in un osceno atto dissacrante verso il letto in cui Obama e Michelle avevano dormito in un precedente viaggio. Anche questa è una delle rivelazioni contenute nel materiale pubblicato da BuzzFeed, giornale definito “una fallimentare pattumiera”. La Cnn, che ha pubblicato un resoconto più ponderato e accorto ma comunque proveniente dalla stessa fonte, se l’è cavata con l’accusa di fare “fake news”, e Trump ha negato la parola al corrispondente Jim Acosta in un litigio in diretta visto decine di volte in campagna elettorale.

 

Chi credeva nel passaggio allo stile presidenziale dopo tanta arroganza e avanspettacolo è stato smentito subito dopo un’iniziale captatio benevolentiae trumpiana, con tanto di complimenti ai media che non si sono rifiutati di pubblicare il memo. Chi ha passato queste informazioni che da mesi circolano negli ambienti giornalistici? “Forse le agenzie di intelligence, chi lo sa, e sarebbe una macchia sulla loro reputazione”. Con tono da storiella edificante, ha raccontato di quando ha ricevuto i primi briefing di intelligence e ha deciso di non far sapere a nessuno del suo entourage i dettagli delle conversazioni con i funzionari. Dopo poche ore dall’incontro le informazioni discusse erano già sui giornali, ha detto, approfondendo ulteriormente il dissidio con le agenzie di sicurezza. Trump ha lasciato la parola all’avvocato Sheri Dillon per spiegare le sue decisioni in materia di conflitto di interessi. Il suo business sarà affidato a un trust controllato esclusivamente dai figli, Don e Eric, mentre lui darà le dimissioni dalla Trump Organization e non sarà messo a parte delle attività del gruppo. Una protezione che molti giudicano inadeguata e in contrasto con le consuetudini dei predecessori, ma del resto il presidente non è vincolato dalla legge sul conflitto d’interessi che vale per i funzionari pubblici. Per sottolineare visivamente il gesto ha esposto un cumulo di faldoni davanti ai giornalisti, con tutti i documenti che ha firmato per separarsi dalle attività delle sue aziende. Un tempo riempiva i tavoli accanto al podio di bistecche e champagne per trasmettere opulenza, oggi accumula scartoffie che testimoniano il distacco dagli affari e dal diabolico sterco che producono. Già che c’era, ha nominato David Shulkin nuovo segretario dei veterani.

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