Il ministro degli Esteri della Russia Sergei Lavrov (al centro), della Turchia Mevlut Cavusoglu (a destra) e dell'Iran Mohammad Javad Zarif (a sinistra)

In Siria fa la pace chi si sporca le mani

Daniele Raineri

La Turchia annuncia due bozze di accordo sulla guerra siriana, una sul cessate il fuoco e una su un accordo a lungo termine. Le leve di Russia e Iran, l’assenza di America e Onu. L’ipotesi di “aree informali d’influenza”

Roma. Ieri il governo turco ha annunciato l’esistenza di due bozze di accordo sulla Siria, una che riguarda un cessate il fuoco immediato e un’altra che riguarda un accordo a lungo termine che dovrebbe preludere alla pace, e il concetto chiave che se ne ricava è che in Siria possono negoziare soltanto quelli che davvero hanno un potere di persuasione sulle parti in lotta, quindi Turchia da una parte e Russia e Iran dall’altra. L’Amministrazione americana e le Nazioni Unite sono escluse perché in questi cinque anni di guerra civile non hanno creato con i fatti un proprio diritto di farsi ascoltare dai combattenti sul campo. La Turchia esercita un potere quasi di vita e di morte sulle fazioni che fanno la guerra al presidente Bashar el Assad, perché controlla tutti i passaggi di uomini e cose attraverso il confine turco-siriano a nord di Idlib (è l’unico confine a disposizione, non ci sono alternative) e senza quel viavai la guerra sarebbe già finita (quando si dice “fazioni” s’intende quelle non legate al terrorismo internazionale, quindi non lo Stato islamico e nemmeno Jabhat Fath al Sham che è la vecchia Jabhat al Nusra). I combattenti siriani hanno bisogno del confine turco per importare rifornimenti di ogni genere, per mandare i feriti a farsi curare e soprattutto perché c’è ancora un programma di sostegno militare da parte di alcuni sponsor internazionali.

 

 

E’ grazie a questo programma di aiuti militari che alcuni gruppi siriani selezionati dispongono di missili controcarro Tow, che usano contro le posizioni e i corazzati delle forze di Assad. Funziona così: Arabia Saudita e Qatar mandano le armi, la Turchia ci mette il trasporto finale attraverso il confine e il coordinamento diretto con i ribelli. L’Amministrazione americana è dentro questo programma ma si limita a dare il suo assenso – se anche non ci fosse sarebbe lo stesso e quindi ha poca presa sui gruppi siriani. La Turchia in questi giorni si sta mettendo in mezzo e ostacola i negoziati tra gruppi siriani che parlano di una fusione in un unico supergruppo, inclusi i qaidisti. Se non avverrà, e se i filo al Qaida saranno lasciati fuori, è perché Ankara non vuole appoggiare estremisti mescolati agli altri. La Russia e l’Iran non hanno ancora commentato la proposta turca, ma in modo speculare possono imporre la propria volontà su Bashar el Assad perché lo hanno salvato dalla disfatta: nel luglio 2015, quando il generale iraniano Qassem Suleimani si accordò con Mosca per un intervento militare decisivo in Siria, le forze di Assad stavano capitolando e perdevano una base dopo l’altra, senza più riuscire a fermare l’avanzata dei gruppi ribelli. Oggi la situazione è rovesciata: gli stessi gruppi ribelli hanno perso la città di Aleppo e si sono ritirati a ovest.

Le bozze della road map verso la pace in Siria viste da fonti di Reuters dicono che il paese sarebbe spartito in “aree d’influenza informali”, non meglio specificate, e che la questione della permanenza o no di Assad al potere sarebbe risolta così: il presidente rimane, ma si farà da parte alle prossime elezioni, che in teoria dovrebbero essere nel 2021 considerato che le ultime “elezioni” sono state tenute nel giugno 2014. La road map garantisce la sicurezza del presidente e della sua famiglia (quindi l’immunità dalla perseguibilità per crimini), ma la novità è che contiene per la prima volta i nomi di due possibili sostituti. E’ il punto della proposta di pace in cui la linea della Russia si discosta di più, anche se con discrezione, da quella del clan Assad che comanda a Damasco e che difende l’idea della cosiddetta “Siria di Assad”, quindi di un paese che per destino non può essere slegato dalla famiglia al governo. Del resto lo slogan della controrivoluzione è: “Assad o bruciamo il paese”. Chi esce peggio dalla proposta di pace sono i curdi e il loro sogno di un Kurdistan siriano, il Rojava. La Turchia parla in modo esplicito della possibilità di ottenere dalla Russia un aiuto “per eliminare il Pkk dalla Siria, dopo lo Stato islamico”, e sotto l’etichetta Pkk mette anche le Sdf, le Forze siriane democratiche addestrate e armate dall’America per liberare Raqqa dallo Stato islamico. Due giorni fa l’Amministrazione Obama ha parlato della possibilità di fornire missili portatili terra-aria alle Sdf – sarebbe la prima volta in Siria, e il nemico che curdi e americani hanno in mente non è lo Stato islamico, che non ha aerei, ma, in via ancora ipotetica, sono i jet turchi, siriani e russi. La Russia ha commentato così: “Sarebbe un atto ostile”.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)