Jason Greenblatt e Donald Trump (foto via Twitter)

Chi è il negoziatore di Trump su Israele

Paola Peduzzi

Soluzione dei due stati, ma senza imposizioni dell’Onu. La visione di Greenblatt

Milano. Mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu condannava la politica degli insediamenti di Israele, il team di Donald Trump annunciava la nomina del “rappresentante speciale per i negoziati internazionali”: Jason Greenblatt. Si sa che il presidente eletto si considera il re dei “deal”, e su uno dei dossier più complicati – quello dell’accordo israelo-palestinese, ma tra le competenze di Greenblatt c’è anche la gestione dell’apertura a Cuba – ha messo un avvocato nato nel 1967 (un anno che ricorre spessissimo nella definizione dei confini di Israele), figlio di ebrei ungheresi fuggiti dall’Europa e nato e cresciuto nel Queens. Greenblatt, laureato alla Yeshiva University, ha iniziato la sua carriera con un’azienda che produceva capsule per espresso e cappuccini negli aeroporti, presto travolta dall’ascesa di Starbucks. Dopo essersi convertito al real estate, nel 1997 ha iniziato a lavorare per Trump, fino a diventare il capo del suo ufficio legale. Durante la campagna, Trump aveva riunito alcuni giornalisti della stampa israeliana in un incontro al quale partecipava anche Greenblatt: uno di loro, ha raccontato Ynetnews, aveva chiesto all’allora candidato che definizione avrebbe utilizzato per i Territori a est della linea verde, “West Bank” o “Giudea o Samaria”? Trump si era voltato verso il suo avvocato: “Jason, come rispondiamo a questa?”.

 

Greenblatt entra così a far parte del team presidenziale sulla gestione della questione israelo-palestinese, su cui il più operativo è il genero, Jared Kushner. Greenblatt ha detto più volte di essere favorevole alla soluzione dei due stati, ma che questa opzione deve essere raggiunta attraverso un negoziato tra le parti, invece che essere imposta dall’Onu o da altri interlocutori esterni. Gli insediamenti non sono un ostacolo alla pace, dice, e secondo i beninformati Greenblatt sta già organizzando incontri a Ramallah. Come ha detto nel suo comunicato, “la mia filosofia, nel business e nella vita, è che mettere insieme le persone e lavorare per unirle invece che per dividerle è il percorso più solido verso il successo”. (p.ped)

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi