Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Adelante bipartitismo. In Spagna Ciudadanos e Podemos sono precipitati nell'irrilevanza

Eugenio Cau

A un anno dal voto chi avrebbe pensato di vedere Rajoy in sella e i populisti in declino?

Roma. Esattamente un anno fa, il venti dicembre 2015, la Spagna si preparava al più grande stravolgimento politico della sua storia. Alle elezioni generali il bipartitismo era dato per morto, il primo ministro Mariano Rajoy era considerato uno zombie che cammina e che non avrebbe mai conquistato il secondo mandato, e tutti gli analisti più accreditati pronosticavano che il populismo avrebbe sfondato gli argini e trasformato la Spagna in una testa di ponte della rivoluzione anti establishment a livello continentale. I “partiti del cambiamento”, Podemos e Ciudadanos, erano pronti e cambiare la faccia della politica spagnola, e tutti erano sicuri: le cose non sarebbero più state le stesse.

Un anno dopo, i risultati sono tutto il contrario delle attese. La Spagna è stata per più di dieci mesi nel caos politico, è stato necessario ripetere le elezioni in primavera, ma alla fine Mariano Rajoy e il suo Partito popolare sono tornati al governo. Il Partito socialista, storico partner del sistema bipartitico spagnolo, ha subìto la più grave crisi della sua storia, ha perso un leader e milioni di voti, ma alla fine ha ripreso il posto che gli spetta come principale forza dell’opposizione. E il País, ieri mattina, usciva con questo titolo in prima pagina: “Ciudadanos e Podemos lottano per rimanere rilevanti”. La crisi dei partiti del cambiamento non è tanto nei numeri – nei sondaggi sia Podemos sia Ciudadanos si mantengono grossomodo ai livelli di consenso ottenuti alle ultime elezioni (gli antisistema intorno al 22 per cento, i centristi intorno al 14 per cento) – ma è la conseguenza dell’unico fenomeno che nessuno avrebbe atteso un anno fa: l’eccezionale resilienza del bipartitismo.

Rajoy, dopo essere stato dato per spacciato infinite volte nel corso dell’ultimo anno, è oggi alla guida di un governo di minoranza che non solo è eccezionalmente stabile, ma è visto come un bastione sicuro in un momento di generale turbolenza nella politica europea. Il Partito socialista, pur basso nei sondaggi, ha rispettato le promesse e ha iniziato a fare un’opposizione vera al primo ministro provvedimento per provvedimento, negoziando il suo consenso imprescindibile (senza i voti socialisti Rajoy non ha una maggioranza sufficiente) e strappando perfino qualche risultato, come l’aumento del salario minimo. Così è venuta riformandosi quella dialettica bipartitica che ha segnato il percorso politico della Spagna democratica. Nel frattempo, i partiti del cambiamento hanno disatteso sogni e speranze.

Il País ha notato come circa un anno fa il Cis, principale centro statistico del paese, rilevasse per la prima volta che gli spagnoli ottimisti nei confronti del futuro politico del paese erano la maggioranza. Quest’ottimismo, dovuto alle promesse di cambiamento e rigenerazione di Podemos e Ciudadanos, un anno dopo è svanito, segno che i due partiti del cambiamento hanno fallito la loro missione.


Fonte: Pais


Il partito centrista guidato da Albert Rivera si trova nella situazione peculiare di fare da stampella al governo secondo un patto post elettorale ma di essere al tempo stesso fuori dall’esecutivo, e dunque maggioranza e opposizione insieme, con tutte le contraddizioni che ne derivano. Podemos per ora ha perso la sua gara per il primato a sinistra, e appare isolato in Parlamento. Il suo leader, Pablo Iglesias, continua a lanciare strali accusando gli altri partiti di collusione (qui lo chiameremmo inciucio), ma la sua opposizione intransigente rischia di apparire come immobilismo. Gli antisistema, inoltre, sono dilaniati dalle lotte interne, che nelle ultime settimane hanno raggiunto il loro culmine: Iñigo Errejón, numero due del partito, e altri 330 dirigenti hanno lanciato la sfida a Iglesias in vista del congresso di febbraio, pur non contestando la leadership. Podemos ha una base solida e niente si può dare per certo, ma sono lontani i tempi in cui la Spagna sembrava sul punto di cadere preda dei populisti. Meraviglie del bipartitismo.

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.