Il presidente dell'Uruguay Vázquez (foto LaPresse)

In Uruguay c'è un governo di sinistra che funziona

Maurizio Stefanini

Il pil del paese sudamericano è in crescita ininterrotta da anni. Merito di una gestione rigorosa dell’economia, da Mujica a Tabaré Vázquez

Forse è rimasta l’ultima sinistra di governo che funziona al mondo; certamente è l’ultima sinistra di governo che ancora funziona in America latina al termine di quella che è stata chiamata l’“Ondata Progressista” o la “Marea Rosa” nella regione. A dimostrarlo è il pil, che secondo le ultime statistiche appena rese note ha raggiunto il quattordicesimo anno di crescita consecutivo. “Dolce Uruguay”, era una famosa canzone di Massimo Bubola dedicata a Garibaldi in fuga dal Rio Grande do Sul. “C'è un posto alla fine del rio Paranà/ Dove ci aspetta la libertà/ È tra l'Argentina e il Brasile, lo sai/ Sei tu, sei tu, dolce Uruguay”.

“La felicità al potere” si intitolava il libro che nel 2014 Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi dedicarono all’allora presidente Pepe Mujica. “Il Paese dell’utopia” è il titolo di un altro libro dedicato a sua volta da Leonardo Martinelli a “Viaggio nell’Uruguay di Pepe Mujica”. Sono slogan che possono sembrare un po’ troppo legati all’immagine buonista dell’ex guerrigliero Tupamaro convertito in statista-filosofo. Mujica è il presidente che durante il mandato ha continuato a vivere nella fattoria, dove coltivava fiori e ortaggi, e ad andare in giro con un vecchio Maggiolino in stile Pertini pratense, devolvendo in beneficenza quasi tutto il suo stipendio. A lanciare il mito è stato anche il sogno hippy di una marijuana legalizzata, che per la verità, a ormai tre anni dalla famosa legge 19.172 del dicembre 2013, ancora non è partita. Colpa del ritardo con cui è stato concluso l’accordo tra il governo e le farmacie incaricate della distribuzione, anche se in compenso è stato inaugurato a Montevideo un “Museo sulla Cannabis”.

 

Ma a parte Mujica e gli spinelli, in compenso, l’economia nell’ultimo anno è aumentata del 2 per cento, in rallentamento rispetto agli anni precedenti, ma abbastanza da spiccare in una regione che boccheggia. Così l’Uruguay conferma un ciclo che iniziò per la verità con l’ultimo governo di centro-destra, quello di Jorge Battle e che è continuato poi per i tre mandati della sinistra del “Frente Amplio”, un’ampia coalizione vagamente assimilabile all’Ulivo italiano, salvo che lì moderati e radicali, compresi appunto gli ex-terroristi Tupamaros, sono riusciti a restare d’accordo, e a continuare su un modello di rigore economico. Prima col socialista Tabaré Vázquez, poi con Mujica; ora di nuovo con Vázquez. Custode del moderatismo è stato Danilo Astori, ministro dell’Economia col primo mandato di Vázquez, vicepresidente con Mujica, di nuovo ministro dell’Economia in questo secondo mandato di Vázquez. Va ricordato che proprio Mujica, una volta lasciata la carica, si è messo a fare un’opposizione interna al partito tanto da ispirare scioperi e proteste.

Oltre al rigore economico di Astori, a essere contestata è stata anche la scelta dell’attuale governo di appoggiare la linea di Brasile, Argentina e Paraguay sulla sospensione dal Mercosur del Venezuela di Maduro, accusato di vessare l’opposizione e di non aver adeguato le proprie norme interne alle esigenze del blocco. Ma Vázquez ha tenuto ed è stato premiato dai risultati economici. Dopo un periodo di crescita ininterrotta tra il terzo trimestre del 2002 e il secondo del 2014, il pil uruguayano ha risentito della crisi regionale, arrivando tra l’aprile e il giugno del 2015 a un segno negativo, poi confermato tra ottobre e dicembre del 2015. Ma nel trimestre compreso tra gennaio e marzo del 2016 si è tornati a un più 0,1 per cento, ad aprile-giugno si è arrivati al più 1,5 e a luglio-ottobre appunto al 2. Da notare che mentre la spesa pubblica è cresciuta dell’1,5 e il consumo privato dello 0,7 l’export è a un più 1,2 per cento e l’investimento privato addirittura al più 5,3. L’Uruguay è spesso tacciato di essere un paradiso fiscale, ma a trainare l’economia sono in realtà l’agrobusiness (più 2,9), l’industria manifatturiera (più 0,6) e il trasporto e comunicazioni (più 8,6). Insomma è un governo di sinistra che fa stare bene l’imprenditoria privata. Sinistra che va bene perché fa la destra liberale.

Di più su questi argomenti: