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Cosa sta accadendo nelle piazze in Polonia? Ce lo spiega il leader delle proteste

Matteo Tacconi

A guidare i picchetti fuori dal Parlamento è il Komitet Obrony Demokracji (Kod), il Comitato per la difesa della democrazia, movimento civile nato poco dopo il ritorno al potere dei conservatori. Parla Mateusz Kijowski

Varsavia. Si protesta a Varsavia contro il governo e il suo unico azionista, Diritto e Giustizia, il partito conservatore guidato da Jaroslaw Kaczynski. Tutto è scoppiato a causa di un regolamento che restringe a partire da gennaio l’accesso dei giornalisti in Parlamento. Venerdì l’opposizione liberale ha avviato un sit-in di protesta in aula, denunciando la lesione della libertà di stampa e bloccando il voto sulla legge finanziaria. Diritto e Giustizia ha scelto di procedere lo stesso, ma in un’altra stanza e a porte chiuse. I partiti, per ora timidamente, stanno cercando di imbastire un dialogo per risolvere sia la questione degli accrediti stampa (la maggioranza ha promesso di non attuare la nuova norma) sia quella del voto a porte chiuse (l’opposizione dice che è incostituzionale).

Fuori dal palazzo, intanto, continueranno i picchetti: a convocarli è stato il Komitet Obrony Demokracji (Kod), il Comitato per la difesa della democrazia, movimento civile nato poco dopo il ritorno al potere dei conservatori, sancito dalla maggioranza assoluta riscossa alle elezioni dell’ottobre 2015. Kaczynski, per il Kod, sta distruggendo il sistema di pesi e contrappesi alla base della democrazia. La protesta di questi giorni è solo una delle tante lanciate dal Kod negli ultimi dodici mesi – le forze parlamentari hanno latitato – su varie misure della maggioranza. Alcune sono state molto vivaci, altre meno, ma il dato chiaro è che si è prodotta una rottura, secondo il leader del Kod Mateusz Kijowski, incontrato qualche settimana fa nel suo ufficio di Varsavia. “Fino a un po’ di tempo fa in Polonia si protestava per interessi salariali e di categoria. Si mobilitavano poliziotti, medici e minatori. Noi abbiamo dimostrato che lo si può fare anche in nome della democrazia”.

La storia del Kod, un movimento di volontari, è legata alla riforma del Tribunale costituzionale, oggetto di un duro scontro tra il governo polacco e la Commissione europea. Per quest’ultima le nuove regole impediscono al Tribunale di esercitare al meglio il potere di vaglio sulle leggi del Parlamento, mail governo rivendica sovranità nei confronti dell’establishment comunitario e si rifiuta di pubblicare le sentenze con cui lo stesso Tribunale ha bocciato la riforma che lo riguardava. Ieri è scaduto il mandato del presidente del Tribunale, Andrzej Rzeplinski e Diritto e Giustizia vuole sostituirlo con un suo uomo. “Diritto e Giustizia ha la maggioranza assoluta e il diritto di governare – dice Kijowski – Può fare riforme, ma dovrebbe negoziarle e realizzarle secondo le regole. Non è avvenuta né l’una né l’altra cosa”. Quanto alla Commissione, che suggerisce a Varsavia un passo indietro sul Tribunale , il fondatore del Kod non vede ingerenze: “Essere membri dell’Ue non è solo una questione di vantaggi economici, ma significa condividere princìpi e istituzioni. La Commissione ci sta chiedendo di avere cura dei valori che abbiamo scelto di rispettare per avere la democrazia e aderire all’Ue”.

Alle pareti della sala riunioni della sede del Kod ci sono i ritratti dei grandi di Solidarnosc: Lech Walesa, Tadeusz Mazowiecki, Bronislaw Geremek e Jacek Kuron. L’ufficio è condiviso con il Partito democratico, una piccola forza che si richiama alla storia del sindacato che liberò il paese dal comunismo. “Solidarnosc è un patrimonio di tutta la società, per cui non ci vediamo come suoi successori – dice Kijowski – Ma quelle battaglie valgano anche oggi. Solidarnosc è stato un movimento pacifico, rispettoso della legalità, concentrato sull’educazione civica. Condividiamo questi valori”. Diversi ex membri di Solidarnosc partecipano oggi alle iniziative del Kod: “Hanno memoria dei tempi in cui non c’era libertà, e oggi intravvedono i primi sintomi di uno stato autoritario”, afferma Kijowski.

Il Kod mobilita i vecchi combattenti per la democrazia, ma non i giovani. Il problema generazionale è considerato un serio limite, Kijowski non lo nega, e prova a spiegarlo così: “Nel 1989 i nostri paesi sono diventati democratici e ci è stato detto che la storia era finita. Così abbiamo smesso di parlare di politica ai nostri figli, occupandoci del nostro successo professionale e materiale. E’ anche per questo che i ragazzi di oggi non sanno come fare politica e usare gli strumenti che essa mette loro a disposizione. Mi viene in mente la Brexit: i giovani volevano l’Europa, ma scegliendo di non votare non hanno saputo mantenerla”.

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