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Perché c'è una crisi populista in Corea

Redazione

Da giorni i cittadini chiedevano l’impeachment per la presidente Park

Sono bastati poco più di quaranta giorni per far cadere la presidente sudcoreana Park Geun-hye. Ieri l’Assemblea nazionale ha votato sul suo impeachment con 234 voti a favore e 56 contrari.

Era la fine di ottobre quando i media coreani hanno rivelato al mondo la figura di Choi Soon-sil, confidente e amica della presidente, che senza alcun incarico pubblico avrebbe ottenuto un accesso particolare alle stanze del potere, editava i discorsi ufficiali e influenzava decisioni politiche grazie al “lavaggio del cervello” che la Park avrebbe subìto anni prima.

Choi è stata arrestata il 1° novembre scorso, e in queste settimane si è scoperchiato un vaso di Pandora: pressoché tutti i dirigenti dei grandi conglomerati coreani pagavano alla sua fondazione sostanziose donazioni, mentre Choi esercitava pressioni un po’ ovunque grazie alla sua vicinanza al Palazzo. La presidente – che formalmente non è indagata – è stata mollata anche dai membri del suo partito, è sola e sospesa in attesa della decisione della Corte (arriverà entro 180 giorni). Quello che più colpisce di questa storia è che ad aver determinato il voto di ieri è stata l’opinione pubblica. Da quando tutto è iniziato, ogni fine settimana, milioni di coreani scendono in piazza a Seul per chiedere le dimissioni di una presidente che, quando è stata eletta nel 2012, veniva considerata la grande speranza democratica del paese.

L’impeachment provocato dalle manifestazioni di piazza è stato letto come una vittoria popolare, di cittadini che lottano contro l’establishment. A prescindere da cosa deciderà la Corte, dovesse essere ancora poco chiara la definizione della parola populismo, basterà guardare a oriente.

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