Donald Trump (foto LaPresse)

Come s'informa Trump? Un po' come noi, ma poi si scatena su Twitter

Paola Peduzzi

The Donald parla poco con i giornalisti e twitta invece moltissimo. E se poi alla Casa bianca gli levano i social?

Milano. L’ultima conferenza stampa di Donald Trump risale al luglio scorso, da allora il presidente eletto ha deciso di eliminare il confronto diretto con i giornalisti odiatissimi, affidando ad altre forme di comunicazione – Twitter soprattutto, dove ha più di 16,8 milioni di follower – le sue dichiarazioni, e gettando i media tradizionali in un tormento permanente: come li trattiamo tutti questi tweet, davvero dobbiamo scrivere un articolo ogni 140 caratteri del prossimo inquilino della Casa Bianca? Il problema è sempre lo stesso, anche se gli si vuole dare di volta in volta una forma differente: lo prendiamo sul serio, Trump, anche se ha questi toni così poco presidenziabili, o continuiamo la battaglia, la normalizzazione è impossibile, e poi tanto non la vogliamo? La speranza che questo sia un brutto sogno da cui ci sveglieremo presto è stata rintuzzata in questi giorni non tanto dalla scombiccherata impresa del riconteggio messa in piedi dai Verdi con l’assistenza clintoniana, ma dall’articolo che un grande elettore del Texas, un repubblicano, ha pubblicato sul New York Times (articolo molto condiviso nella bolla degli illusi): questo grande elettore non voterà per Trump il 19 dicembre, in occasione della elezione formale del presidente, pur essendo un repubblicano, perché Trump non rappresenta i veri valori conservatori, Hamilton e via dicendo. Una defezione: non s’attendeva altro per riaccucciarsi comodi sul divano di chi spera chissà cosa.

Trump s’inserisce nei dilemmi dei giornalisti con un altro tweet: dice che lui non sarebbe un tuittarolo scatenato se i media tradizionali gli riservassero una copertura “accurata e dignitosa”, cosa che “tristemente, non so se mai avverrà”. Anche Trump, che pure ha un istinto giocoso (da troll, potremmo quasi dire), diventa serioso quando si tratta della sua dipendenza da Twitter, non gli piace essere preso in giro per quei “sad!, “wrong!” onnipresenti, né per i suoi modi spicci, diretti, di parlare al popolo americano. Al Saturday Night Life l’hanno capito e infatti sabato hanno fatto uno sketch interamente dedicato all’ossessione tuitteriana di Trump, con Alec Baldwin che dovrebbe ascoltare alcuni briefing sulla sicurezza nazionale ma non riesce a trattenersi, e rituitta in modo compulsivo mentre la sua capa della comunicazione, Kellyanne Conway, cerca di fermarlo, di interromperlo, alza spesso gli occhi al cielo sapendo che nessuno potrà mai fermarlo. Il presidente eletto, quello vero, non ha gradito l’ennesima parodia, ha tuittato il suo disappunto, ma siccome dall’altra parte c’è Alec Baldwin, cioè uno che è stato intercettato mentre gridava parole irripetibili nella segreteria telefonica della figlia, e uno che una volta fece una “twitterstorm” contro una protesta per l’innalzamento del salario minimo sotto casa che gli impediva di parcheggiare, subito è arrivato il castigo, via Twitter: se rendi noti la tua situazione fiscale, ha scritto Baldwin, io la pianto con la parodia.

Più mestamente, c’è chi si è messo ad analizzare tutti i tweet del presidente eletto per provare a capire che utilizzo Trump fa di Twitter e soprattutto “dove prende le sue informazioni”: due giornalisti di Buzzfeed hanno analizzato 26.234 tweet degli oltre 34 mila postati dal presidente da quando annunciò la sua candidatura a oggi, e hanno scoperto che Trump tende a parlare soprattutto di se stesso (o malissimo dei suoi avversari), che rituitta i fan e molti link di suoi follower – per lo più notizie lanciate da Breitbart – e che cita i media tradizionali solo quando parlano bene di lui, o per accusarli di qualche nefandezza. Di fatto Trump si informa su Twitter o guardando la tv o su Google News, la sua “media diet” non è molto diversa da quella di molti di noi – “random, real people” – se non fosse che oggi è Trump la notizia, e il social è il suo megafono. Ma lo spettacolo, almeno questa parte, non tutto l’insieme, forse finirà presto: pare che alla Casa Bianca potrebbero levargli Twitter. Questioni di sicurezza, cioè la versione presidenziale di “lo faccio per il tuo bene”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi