Theresa May (foto LaPresse)

Barlumi d'Europa

Redazione

Tornare indietro dagli scossoni antisistema si può. Prima è meglio è

Nel momento in cui l’Italia s’immerge nelle incognite del dopo referendum, britannici e greci sembrano iniziare a capire che tornare indietro da una scelta elettorale dettata dalla pancia populista si può, anche se ogni mese che passa aumentano i costi economici e politici del ritorno alla saggezza. Nel Regno Unito, la scorsa settimana, le prime elezioni suppletive dopo il referendum sulla Brexit hanno prodotto un risultato che ha spiazzato il governo di Theresa May: la candidata europeista dei liberaldemocratici, Sarah Olney, ha stracciato il Brexiteer Zac Goldsmith nel collegio di Richmond Park, facendo campagna su un’uscita dall’Unione europea il più “soft” possibile. In Grecia, gli ultimi sondaggi dicono che i conservatori di Nea Dimokratia, con il 32 per cento, hanno doppiato Syriza, il partito del premier ribelle Alexis Tsipras, al 16 per cento.

L’impatto sul portafoglio delle scelte elettorali spiega in parte il ritorno alla ragione dell’opinione pubblica. La sterlina britannica ha perso circa il 15 per cento dal referendum sulla Brexit, i supermercati e i colossi globali come Apple e Microsoft sono stati costretti ad aumentare i prezzi anche del 20 per cento, il mercato immobiliare ha registrato un brusco arretramento. Le banche della City hanno preparato i piani per traslocare sul continente, se May a marzo dovesse scegliere un’uscita anche dal mercato interno. Un “Britback” (una marcia indietro dalla Brexit) per ora non è fattibile, ma anche il più accanito antieuropeo del governo di Londra, David Davis, si è convinto che è meglio pagare un contributo al bilancio dell’Ue e far entrare qualche lavoratore europeo per evitare una “hard Brexit”. In Grecia, l’illusione della rivoluzione Tsipras è durata di più. Ma, con il passare del tempo, anche i greci si sono accorti che il risultato sono controlli sui capitali (ancora in vigore) e recessione (nel 2015 una contrazione dello 0,2 per cento contro una crescita del 2,5 prevista prima dell’arrivo di Tsipras).

Se s’imbocca la strada dello scossone antisistema, per tornare indietro c’è un prezzo da pagare. Nel caso britannico, gli europei hanno il coltello dalla parte del manico: basta che la Vallonia minacci di opporsi all’accordo post Brexit per distruggere l’economia britannica. Le follie del duo Tsipras-Varoufakis hanno lasciato in eredità ai greci un’austerità più pesante e lunga a causa di un terzo salvataggio che si sarebbe potuto evitare. Anche il caso della Spagna è illuminante: dopo un anno di paralisi causata dal populismo istituzionale dell’ex leader dei socialisti Pedro Sánchez, il governo di Mariano Rajoy dovrà imporre una cura di risanamento molto più dura. La lezione per l’Italia è che tornare sulla strada delle riforme si può e conviene. Prima avverrà, meglio sarà.